Miranda Ratti Dell'Utri in una lettera a Il Tempo: "La detenzione non dovrebbe mai ledere i diritti fondamentali della persona, compreso quello alla salute"
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Miranda Ratti Dell'Utri, moglie di Marcello Dell'Utri, ha scritto una lettera a Il Tempo per chiedere il trasferimento del marito, gravemente malato, dal carcere di Rebibbia a una struttura ospedaliera. "Mio marito ha 76 anni e purtroppo soffre di diverse patologie pregresse alla sua carcerazione e che, nelle attuali condizioni, sono peggiorate. La detenzione non dovrebbe mai ledere i diritti fondamentali della persona, compreso quello alla salute".
"Gentilissimo dottor Chiocci, mi rivolgo al suo quotidiano per la sensibilità che ha dimostrato e per gli appelli pubblicati riguardanti mio marito, Marcello Dell'Utri". Si apre così la lunga lettera della moglie di Dell'Utri indirizzata a Il Tempo.
"Dopo l'udienza del 5 dicembre, con la richiesta di riconoscere l'incompatibilità con il regime carcerario per motivi di salute, sono rimasta particolarmente colpita dalla decisione del sostituto procuratore generale di Roma - spiega -. Egli aveva nominato due medici di sua fiducia, che hanno dato un parere scritto in cui si dichiarava l'incompatibilità tra lo stato di salute e la carcerazione di mio marito. A distanza di pochi giorni, gli stessi periti (un medico legale e un cardiologo) sono stati smentiti da chi ha affidato loro l'incarico".
La moglie di Dell'Utri, a questo punto, si domanda: "È normale? Quante volte si è verificato un caso analogo nell'ambito della giustizia italiana? Chi decide dello stato di salute di una persona? I medici o i magistrati? Chi si assume la responsabilità delle conseguenze?".
Le condizioni di Marcello Dell'Utri sono gravi: "Il suo fragile equilibrio è già stato seriamente compromesso in occasione del trasferimento fatto, in ambulanza, dal carcere di Parma a Rebibbia. Ha avuto in quell'occasione una grave sepsi prostatica per la quale ha rischiato la vita. È cardiopatico, è stato sottoposto a 3 interventi con l'applicazione di 4 stent; inoltre è diabetico, ha un'ipertensione non controllata che si aggrava sempre più, e un adenocarcinoma prostatico che gli è stato riscontrato tramite biopsia il 20 di luglio. A distanza di circa 5 mesi mio marito non ha ancora iniziato alcuna terapia. Si può pensare di sottoporre un detenuto a un ciclo continuato di radioterapia per numerose settimane da effettuarsi in modo consecutivo rimanendo in carcere?".
Miranda Ratti Dell'Utri spiega ancora: "Se un detenuto si sente male a letto e non riesce ad alzarsi, è meglio non scrivere le conseguenze. Ora, accertate le patologie di mio marito, chi sarà responsabile se quanto ho soltanto accennato dovesse accadere? Non cercate troppe risposte. L'unica è questa: nessuno. Ognuno ha fatto quel che doveva seguendo i regolamenti. Ma forse qualcosa non va, perché la legge, le norme di detenzione e lo stesso Stato consentono che l'incidente senza ritorno possa realizzarsi. Di fronte a una diagnosi che riconosce un tumore, ognuno dovrebbe poter decidere dove e come proteggersi dal male".
La moglie di Dell'Utri lancia infine un appello "a tutti i rappresentanti dei partiti politici: vi prego di far applicare le norme che sovente sono utilizzate per il rispetto degli animali anche ai carcerati con gravi malattie certificate. Esiste un articolo della nostra Costituzione, il N. 27, che sancisce la violazione del principio costituzionale di umanità della pena. La detenzione non dovrebbe mai ledere i diritti fondamentali della persona, compreso quello alla salute. Lo Stato italiano ha firmato anche la convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 3) per cui nessuno dovrebbe essere sottoposto a trattamenti inumani", conclude.