"Trasmettiamo energie positive", svela a Tgcom24 Enrico Cembran, odontoiatra e medico olistico, nonché maestro di arti marziali e volontario dell'associazione Kids Kicking Cancer Italia tra i piccoli dell'oncoematologia del Bambino Gesù di Roma
di Gabriella Persiani"Non è un combattimento vero e proprio, ma è una lotta costruttiva per vincere il cancro". Introduce così a Tgcom24 la sua attività di volontariato tra i piccoli dell'oncoematologia del Bambino Gesù di Roma con l'associazione Kids Kicking Cancer Italia Enrico Cembran, odontoiatra e medico olistico, nonché maestro di arti marziali. "Grazie ai capisaldi di questi sport, che sono la respirazione, la meditazione, ideali e metodi dello zen, trasmettiamo energie positive e diamo sostegno morale ai bimbi malati e ai loro genitori", spiega. E così, racconta, tra i baby atleti c'è chi fa mosse di karate anche da disteso e chi diventa Maestro dei suoi compagni d'ospedale.
Com'è diventato un Martial Arts Therapist dell'Associazione Kids Kicking Cancer Italia?
"L'organizzazione non profit è arrivata in Italia, unico Paese europeo fino a oggi, nel 2011, dopo essere nata negli Stati Uniti per opera del pediatra Rabbi Elimelech Goldberg della Wayne State University School of Medicine di Detroit. Goldberg, esperto di arti marziali e cintura nera, aveva perso una figlia all'età di due anni a causa della leucemia e da allora utilizza le sue conoscenze "sportive" per alleviare la sofferenza dei piccoli pazienti oncologici. Anch'io dopo una grave malattia, sono entrato in contatto con i volontari italiani e da semplice maestro di karate, con un training formativo ad hoc, sono così diventato un Martial Arts Therapist. Da alcuni anni mi trovo a trascorrere, una volta alla settimana, le mie ore libere dal lavoro di odontoiatra e medico olistico con i piccoli pazienti dell'oncoematologia del Bambino Gesù di Roma".
E con lei ci sono altri "samurai" in corsia?
"Certamente, non bisogna essere per forza medici. Bisogna essere innanzitutto persone predisposte e disposte a interagire con chi vive odissee personali. Non solo i bimbi malati, ma anche i loro genitori. E proprio molti di loro poi entrano a far parte del nostro gruppo. Dopodiché, in base alla propria preparazione sportiva, si può indossare il JudoGi, la divisa del judo, il Karate Gi, il kimono del karate, o l'abito di qualsiasi altra arte marziale. Preferibilmente il classico colore bianco viene sostituito dall'amaranto, per evitare di essere individuati dai pazienti come altri medici in camice".
Una volta in ospedale, cosa accade?
"Avvalendoci del metodo messo a punto da Rabbi G., basato su semplici tecniche proprie delle arti marziali ed esercizi di respirazione e di rilassamento, affianchiamo i piccoli pazienti sia nella degenza che nella riabilitazione extra-ospedaliera, tenendo lezioni e corsi pratici per allenare il corpo, ma soprattutto la mente. Grazie, infatti, a esercizi di respirazione e rilassamento e alle tecniche e alla filosofia delle arti marziali, i bambini imparano a controllare il dolore, la frustrazione, la rabbia. Il risultato è che migliora la loro capacità di affrontare le cure. E dalla convergenza di tante energie positive si crea un'atmosfera diversa, di sostegno morale".
Tra i tanti casi che ha supportato come volontario, quale ricorda con più affetto?
"Guardi, mi commuovo solo a pensarci. Ricordo Maestro John, un bambino albanese che non ha mai smesso di sorridere nel corso della malattia, anche nei momenti peggiori. Lui, coerentemente con il messaggio di Kids Kicking Cancer (Kkc), si è identificato nel ruolo di Maestro. Il motto di Kids Kicking Cancer, che è anche il saluto con cui si cominciano e finiscono le lezioni, è: Power (la forza necessaria per affrontare la malattia) e Peace (l'uso corretto, empatico e compassionevole della forza). Dalla pace, nasce la guarigione, dalla guerra la malattia. Poi c'è Purpouse, lo scopo, che si identifica nel Mantra della Battaglia: tu sei un grande Maestro di arti marziali e di guarigione e, attraverso il tuo esempio, insegnerai agli altri come si affronta una malattia. Secondo questo mantra, dunque, qualsiasi cosa venga fatta nell'ambito della pratica di Kkc è da considerare pratica marziale, fosse una meditazione o una visualizzazione o una respirazione terapeutica. Attraverso tale consapevolezza, questi piccoli grandi eroi vengono sollecitati a prendere atto del grande potenziale che hanno a disposizione. Questo bambino voleva sempre praticare, anche quando doveva stare a riposo. E' poi successo che per 15 giorni non potemmo andare da lui, per problemi di quarantena del reparto. Con grande stupore, al ritorno, trovammo tutti i bambini istruiti e preparati alla pratica: in nostra assenza, Maestro John, a 6 anni, si era preso l'onere di insegnare ciò che gli era stato insegnato".