"A pochi giorni dalla diagnosi, con l'aiuto di tanti amici da tutto il mondo e della diplomazia italiana ed emiratina, mio figlio può iniziare la sua terapia, a dispetto delle difficoltà del lockdown da Covid-19", racconta la madre a Tgcom24
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E' solo quando l'aereo militare atterra all'alba a Pratica di Mare (Roma), che mamma Silvana può lasciarsi andare a un gran respiro per ricacciare le lacrime che da dieci giorni rigano il suo volto. Dopo 4 ore, un volo sanitario la riporta a Roma da Dubai, dopo 17 anni, con suo figlio, al quale neanche dieci giorni fa è stata diagnosticata una leucemia linfoblastica acuta a cellule B. "Non potevamo aspettare la fine del lockdown, la malattia è troppo aggressiva - racconta la donna a Tgcom24, - né potevamo affrontare il viaggio di rimpatrio in programma il 21 maggio: insostenibili 15 ore di volo e scali. Ma grazie alla mobilitazione di questi giorni da tutto il mondo, del personale sanitario di Dubai e del Bambino Gesù e, soprattutto, della console italiana Valentina Setta e dell'ambasciata emiratina in Italia, siamo pronti per le terapie nel reparto dell'oncologo Franco Locatelli".
In neanche 10 giorni la sua vita ultradecennale a Dubai è stata stravolta da un fulmine a ciel sereno.
"E' successo tutto all'improvviso: il mio Alex che sta male e alla fine gli viene diagnosticata una leucemia molto aggressiva; la disperazione; il sostegno di amici sparsi per il mondo per trovare le migliori cure a Dubai e poi a Roma; la vicinanza della console italiana a Dubai e l'interessamento anche dell'ambasciata degli Emirati Arabi a Roma; il grande sostegno di tutto il reparto di Onco–Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù. Così è stato organizzato in poche ore il volo sanitario che mi riporta a Roma con mio figlio, dopo 17 anni di vita e lavoro a Dubai. Una corsa contro il tempo, insomma, ma ora è possibile iniziare queste lunghe terapie che ci aspettano, qui a Roma, accanto alla mia famiglia d'origine".
Com'è iniziata tutta la vicenda?
"Da poco più di un mese anche Dubai è in lockdown per coronavirus e Alex, un ragazzone di 17 anni, alto due metri, con il sogno di entrare nella Royal Marine dopo la scuola, sulle orme di famiglia, inizia a non star bene, ma io e mio marito abbiamo collegato il suo malessere alla situazione. Si sentiva sempre stanco, perdeva peso, aveva dolori, non aveva voglia di continuare gli studi con la didattica a distanza, credevamo che si stesse deprimendo perché non poteva più continuare la sua vita di adolescente tra sport e amici. Fino a quando la situazione è precipitata: la febbre, ponfi che pensavamo di zanzara e un crack alla schiena fino alla corsa in ospedale. Qui un medico, dopo aver escluso Covid-19, sospetta la leucemia e gli esami successivi confermano la sua intuizione. Inizia un'odissea, anche a causa della pandemia che coincide con il ramadan".
Quali gli ostacoli?
"Noi genitori abbiamo dovuto in fretta e furia decidere cosa fare. La terapia è lunga ed è meglio iniziarla e terminarla nello stesso posto. Allora? Restare a Dubai, in un ottimo ospedale, dove avrebbero seguito un tipo di protocollo americano, ma con la questione dell'assicurazione. O pensare di trasferirci in Gran Bretagna, il Paese di mio marito, o a Roma, dov'è la mia famiglia. Tanti amici ci hanno aiutato da tutto il mondo per suggerirci soluzioni, per poterci fare partire il prima possibile, in un momento in cui i voli internazionali sono bloccati. Tutto mentre noi eravamo nella più totale disperazione, senza dormire, con mio figlio che mi chiedeva: 'Perché proprio a me?"; una domanda alla quale è impossibile rispondere. Alla fine, la grande mobilitazione ci ha portato a Roma al Bambino Gesù, grazie al governo italiano e di Dubai e di decine di persone che si sono mosse per noi. Io mi sono sentita morire, ma tutta questa inaspettata assistenza mi ha permesso di stringere i denti, sottopormi a tamponi urgenti per escludere anche per me l'infezione da coronavirus, sistemare i nostri cani e gatti, chiudere 17 anni di vita in valigie e scatoloni e riprogrammare un'esistenza che sarà in salita fino alla guarigione".
Ora si sente più sollevata?
"E' stato fatto tantissimo per noi in questi tempi molto difficili e avrei una lunga lista di ringraziamenti da fare. Sappiamo che Alex ora dovrà lottare con tutta la sua forza. Lui è preoccupato, è arrabbiato con se stesso, ma è contento di essere in Italia. Sarà difficile, ma sappiamo che dalle ottime mani di Dubai siamo passati nelle ottime mani del Bambino Gesù. Siamo fiduciosi e ancora commossi".
Gabriella Persiani