L'inviata del Tg3 e l'operatore Miran Hrovatin furono uccisi il 20 marzo 1994 a Mogadiscio in Somalia
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La procura di Roma chiude, con una richiesta di archiviazione, l'inchiesta sulla morte della giornalista Ilaria Alpi. A decidere, ora, sarà il gip. Tra i motivi che hanno spinto i magistrati a prendere questa decisione l'impossibilità di risalire al movente e agli autori degli omicidi dell'inviata del Tg3 e dell'operatore Miran Hrovatin, avvenuti il 20 marzo 1994 a Mogadiscio in Somalia, e nessuna prova di depistaggi.
A firmare la richiesta di archiviazione, previo visto del procuratore Giuseppe Pignatone, è stato il pm Elisabetta Ceniccola, magistrato che assunse la titolarità degli accertamenti dopo che il gip Emanuele Cersosimo, nel dicembre 2007, respinse un'analoga richiesta di archiviazione sul duplice omicidio disponendo ulteriori accertamenti.
Nel provvedimento, circa 80 pagine, firmato dal pm Ceniccola ci sono le risposte ai quesiti posti all'epoca dal gip Cersosimo e la indicazione degli elementi, a cominciare dall'impossibilità di attivare indagini in Somalia, che impediscono di accertare il movente e gli autori degli omicidi. In particolare, secondo quanto si è appreso, è citata anche la sentenza della corte di appello di Perugia che il 19 ottobre scorso, a conclusione del processo di revisione, ha assolto l'unico condannato, il somalo Hashi Omar Hassan, con particolare riferimento all'assenza di qualsiasi indicazione su movente e killer.
Falso testimone - La parte di inchiesta dedicata ai presunti depistaggi aveva preso le mosse proprio dalle motivazioni della sentenza di Perugia, nella parte in cui si parlava delle presunte anomalie legate alla gestione di un testimone, rivelatosi falso, Ahmed Ali Rage, detto Gelle, anch'egli somalo. Fu proprio quest'ultimo a chiamare in causa Hassan una volta arrivato a Roma: poi, alla fine del 1997, sparì dalla circolazione salvo essere rintracciato in Inghilterra da "Chi l'ha visto".
"Gli italiani avevano fretta di chiudere il caso" - All'inviata del programma di Federica Sciarelli, Gelle ammise di aver dichiarato il falso, ossia che non si trovava sul luogo del duplice omicidio e di aver accusato Hassan in quanto "gli italiani avevano fretta di chiudere il caso". In cambio della sua testimonianza, precisò il somalo, ottenne la promessa che avrebbe lasciato il paese africano, dove la situazione sociale era tesissima. Dagli accertamenti, che hanno comportato l'audizione di tutti coloro che gestirono quello che, successivamente, si sarebbe rivelato un falso testimone, non sono emersi elementi tali da configurare un depistaggio.