La morte di Emanuele, i luoghi della tragedia
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La Corte d'Assise di Frosinone non segue la linea della procura che aveva chiesto pene dai 28 anni all'ergastolo. Il ragazzo fu ucciso per una futile lite in un locale
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Si è chiuso con tre condanne e una assoluzione il processo di primo grado per la morte di Emanuele Morganti, il ragazzo massacrato di botte fuori da un locale ad Alatri (Frosinone). La vicenda fu uno shock per il paese del Frusinate, sconvolto dal brutale assassinio del giovane di 20 anni avvenuto il 26 marzo 2017, nella piazza del paese. Il giudice non ha accolto la tesi dell'accusa e ha alleggerito di molto le pene. Rabbia dei parenti di Emanuele.
Omicidio preterintenzionale, pene ridotte - Emanuele Morganti aveva 20 anni quando è stato picchiato selvaggiamente dal branco in piazza Regina Margherita, morì a distanza di poche ore al policlinico Umberto I di Roma. La Corte d'Assise del tribunale di Frosinone ha condannato il 26enne Michel Fortuna e i fratellastri Paolo Palmisani e Mario Castagnacci a sedici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Assolto, invece, Franco Castagnacci, padre di Mario.
La procura aveva chiesto l'ergastolo - Per loro è caduta l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Più dure erano infatti le richieste dei pm: per Michel Fortuna avevano chiesto l'ergastolo, per Mario Castagnacci 28 anni, per Paolo Palmisani 26 anni e per Franco Castagnacci 24 anni. Nel corso delle indagini Franco Castagnacci, unico assolto, era stato interrogato in Procura a Frosinone e si era difeso ribadendo "di essere intervenuto in aiuto a Emanuele", spiegava il suo legale Marilena Colagiacomo.
La rabbia dei parenti - La sentenza, che ha ridotto le pene chieste dall'accusa, è stata accolta con disappunto urla e strilli dai presenti.
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Quindici minuti di violenza inaudita - Quelli che portarono alla morte di Emanuele Morganti furono 15 minuti di orrore, di violenza inaudita e gratuita, consumata davanti a decine di ragazzi che riempivano la piazza centrale di Alatri. Nessuna azione fulminea ma compiuta a più riprese. Una violenza scatenata probabilmente da un mix di alcol e droga e dalla voglia aberrante di dimostrare "davanti a tutti chi comanda e controlla il territorio".
Una banale lite per un cocktail, poi il massacro a manganellate - Emanuele era nel Mirò Club con la sua fidanzata, il locale era pieno, complice il weekend ed una festa privata. Al bancone si innesca una lite con un altro ragazzo per un cocktail, una banalità, parole pesanti, qualche spintone e niente più. Il giovane protagonista dell'alterco "non ha nulla a che fare col pestaggio e resta nel locale" spiegarono subito gli investigatori. A quel punto però intervengono i buttafuori: prendono Emanuele e lo scaraventano fuori dal locale. E lì inizia il film dell'orrore: il ragazzo è circondato e picchiato da un gruppo che è nella piazza. Riesce a rialzarsi e fugge. Ma il branco lo insegue, lo riprende e lo picchia ancora. Fino ai colpi finali, forse inferti con un manganello e un tubolare in ferro.