A rispondere per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni dovranno essere dirigenti e funzionari dell'Agenzia del Demanio e del Miur, proprietario dell'immobile
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Otto persone sono state citate a giudizio da parte della Corte dei Conti di Roma per la mancata riscossione, per 15 anni, del canone del palazzo occupato a via Napoleone III, dove si trova la sede di Casapound. Il danno erariale è pari a 4,5 milioni di euro. A rispondere per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni dovranno essere dirigenti e funzionari dell'Agenzia del Demanio e del Miur, proprietario dell'immobile.
I magistrati contabili sottolineano nel documento notificato alle parti che l'immobile in questione: "E' un bene di proprietà dello Stato, appartenente al patrimonio indisponibile'. Secondo i pm, "non è tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di 'espropriazione al contrario', che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri un immobile di ben sei piani, sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indisponibile) dello Stato, causando in tal modo un danno certo e cospicuo all'erario".
Dopo gli inviti a dedurre di giugno, questo è il passo concreto. Più avanti nell'atto di citazione, che fissa l'udienza di discussione per il 21 aprile si aggiunge: "Nel caso concreto i convenuti dirigenti preposti agli uffici competenti non hanno dato disposizioni per agire in via di autotutela amministrativa e per coltivare le azioni civilistiche volte alla restituzione del bene e al risarcimento dei danni che, richiesti in via autonoma o nell'ambito di azioni penali o civili possessorie e petitorie (mai intentate o mai coltivate), sarebbero stati liquidati in sede giudiziaria (sempre in misura pari ai canoni di locazione non percepiti)".
Gli otto sotto accusa, sempre secondo la Corte dei Conti, "non hanno dato disposizioni per richiedere l'indennità di occupazione sine titulo agli occupanti l'immobile in questione e per costituirli in mora, a partire dall'associazione Casapound. Il comportamento dei convenuti appare censurabile anche per la genericità delle inconcludenti iniziative adottate in un lasso di tempo certo sufficiente ad intraprendere altre e più adeguate strade quali, quelle amministrative e giudiziarie descritte a titolo di mero esempio nel presente atto (non spettando a questa Procura fornire dettagliate indicazioni sulla condotta lecita da attendersi dai convenuti)".