Carmela ha creato un'associazione, i "Supereattivi", per far giocare il figlio, affetto dalla nascita da tetraparesi distonica, insieme ad altri bambini
"Mamma, voglio giocare a calcio". E' la richiesta che il piccolo Davide, affetto da un deficit motorio che lo costringe a camminare con il deambulatore, ha fatto quando aveva 8 anni a sua madre Carmela. "Va bene, ci giocherai", è stata la promessa della donna, che ha accettato la sfida e ha fondato un'associazione, i "Supereattivi", che permette ai piccoli affetti da deficit di giocare con altri bambini su un campo alla periferia ovest di Roma. E così ora Davide, a 11 anni, può indossare la maglia gialla numero 9 e inseguire il suo sogno.
Come riporta Il Messaggero, Davide è affetto dalla nascita da tetraparesi distonica e deficit comunicativo. Una recente sentenza del tribunale di Roma ha stabilito che la colpa è di chi non ha fatto il cesareo, riconoscendo alla famiglia un risarcimento di quasi due milioni di euro per le "sofferenze patite finora e quelle che patirà in futuro".
"Quando mi ha chiesto di voler giocare a pallone, ho iniziato a muovermi per capire come potevo accontentarlo - racconta mamma Carmela -. Non ho trovato nulla, non c'erano associazioni che facevano giocare in maniera inclusiva bambini con deficit motori. Così ho fondato la nostra associazione "Supereattivi" con l'assistente educativa che seguiva Davide a scuola, una mia amica psicologa e una fisioterapista. Ci siamo autofinanziati. Ho trovato un centro sportivo disposto ad accoglierci gratuitamente, Casalotti Calcio, e un allenatore. L'idea era quella di fare giocare insieme bambini normali e con deficit. Adesso in squadra sono 20, ci sono tra gli altri due gemelli non vedenti di 13 anni e uno con disabilità cognitiva. Si è venuto a creare uno spirito di squadra annullando le differenze. Davide si muove nel campo con il deambulatore".
Ogni partita per Davide, grande tifoso della Juventus e amante del calcio, è una vittoria. "Per lui è una gioia immensa andare a comprare scarpini e magliette e dire ai compagni che gioca a calcio - prosegue la madre -. Quando entriamo in negozio con la carrozzina all'inizio i commessi sono un poco spaesati ma poi capiscono. Abbiamo ridato il sorriso a tanti bambini e aiutiamo anche le famiglie a superare le barriere mentali: lo sport è vita e devono poterlo praticare anche bambini con problemi. Davide alla fine di ogni partita è sfinito, non importa quante volte ha toccato la palla, l'importante è essere lì insieme agli altri e pensare che insieme devono fare gol. Cerchiamo di fargli vivere più esperienze possibili in modo che gli altri si abituino a guardarlo con occhi diversi. Poi lui è un ragazzino attivo e vispo, non se ne sta fermo nell'angolino".