La fecondazione con embriodonazione, vietata in Italia sia per la tecnica usata sia per i limiti di età, è stata eseguita in Albania. La piccola sta bene
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Rimasta incinta grazie alla fecondazione in vitro, ha partorito mercoledì all'ospedale San Giovanni di Roma una bambina di 3 chili e 200 grammi perfettamente in salute. Nulla di strano, se non fosse che la neomamma è una donna single 62enne, e che per l'impianto dell'embrione si è rivolta a una struttura albanese: non solo perché in Italia questa pratica è vietata, ma anche perché la donna ha superato i limiti di età previsti nel nostro Paese.
La donna, di professione infermiera, ha infatti fatto ricorso all'embriodonazione: ha cioè "adottato" l'embrione soprannumerario (vale a dire prodotto ma non impiantato) di una coppia che si era precedentemente sottoposta a tecniche di procreazione medicalmente assistita. Si tratta di una pratica che non è consentita nel nostro Paese ma che invece viene utilizzata in altre nazioni europee come ad esempio la Spagna o l'Albania.
Altro paletto per la 62enne era l'età: sebbene infatti la legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita non fissi limiti precisi (parlando genericamente di un divieto dopo la menopausa), specifica però che le regioni possono farlo. E nel Lazio l'età limite è di 43 anni per le strutture pubbliche e 50 per quelle private. Ma anche se avesse avuto 12 anni in meno, la neomamma, essendo single, non avrebbe comunque potuto accedere alla procreazione assistita perché la legge la preclude a chi non è in coppia.
Al Messaggero, la donna racconta di aver "aspettato per anni l'uomo giusto, poi mi sono decisa" a diventare mamma comunque. E spiega che per diventare madre "non esiste l'età giusta, la vita si è allungata, ci sono più opportunità". E di fronte alla prospettiva di diventare una mamma-nonna, di morire quando la figlia è ancora giovane, taglia corto: "A me basta che questa bimba arrivi con me ai 18 anni, poi potrà camminare da sola. Perché i figli devono essere indipendenti".