Spari davanti a Palazzo Chigi, confermati 16 anni di carcere a Luigi Preiti
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Condanna in Appello per l'uomo che il 28 aprile 2013 sparò contro alcuni carabinieri, colpendone quattro tra cui il brigadiere Giangrande, ferito gravemente
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E' stata confermata in Appello la condanna a 16 anni di reclusione per Luigi Preiti, l'uomo che il 28 aprile 2013 sparò davanti a Palazzo Chigi contro alcuni carabinieri, colpendone quattro. Uno dei militari raggiunti dai proiettili, il brigadiere Salvatore Giuseppe Giangrande, era rimasto ferito in modo grave. La sparatoria era avvenuta nel giorno di insediamento del governo Letta. I difensori: "Ricorreremo in Cassazione".
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La sentenza è stata emessa dai giudici della I sezione d'appello di Roma presieduta da Giovanni Masi. Al momento della lettura l'imputato era in Aula ma non ha avuto alcun tipo di reazione. I giudici hanno disposto anche le spese di giudizio a carico dell'imputato. Nei confronti dell'imputato il procuratore generale aveva sollecitato una condanna a 18 anni per l'accusa di tentato omicidio plurimo e porto abusivo d'armi.
La figlia di Giangrande: decisione giusta - "Quella dei giudici è una decisione giusta, va bene così", ha commentato Martina Giangrande, figlia del brigadiere ferito gravemente. A chi le chiedeva se avesse qualcosa da dire a Preiti la ragazza ha risposto: "A lui non ho proprio nulla da dire". In merito alle condizioni del padre Martina ha aggiunto che sono "stabili e questo è già un grosso risultato".
La difesa: "Ricorreremo in Cassazione" - "Non si commentano le sentenze prima di leggerne le motivazioni. L'unica cosa certa è che sicuramente ricorreremo in Cassazione". E' il commento a caldo degli avvocati Raimondo Paparatti e Mauro Danielli, difensori di Preiti. Secondo i difensori, al muratore di origine calabrese "non sono state nemmeno riconosciute quelle attenuanti generiche chieste dalla stessa procura in sede di giudizio di primo grado. A nostro avviso c'erano i presupposti per una rinnovazione dibattimentale con l'effettuazione di una perizia psichiatrica. La realtà è che è evidente ed è stata certificata l'esistenza di un disturbo psicologico-psichiatrico di cui tuttavia i giudici non sono riusciti ad ammetterne la rilevanza processuale".