Secondo gli esperti avrebbe dovuto essere demolito e ricostruito usando l'acciaio poiché i costi di manutenzione erano altissimi
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Un progetto geniale, ma fragile. Un capolavoro di ingegneria, finito su riviste e libri di testo, ma che non teneva conto di un elemento fondamentale: il degrado del materiale. Nel clima ottimista degli anni Sessanta, del boom economico, tutto sembrava possibile per la tecnologia e la creatività italiana. Così nacque il Ponte Morandi di Genova: bello, ardito, ma minato dentro, bisognoso di continua e costosa manutenzione. Fino al crollo di oggi.
"Cemento armato degrada e poi collassa" - "Il problema del ponte è che i tiranti, gli 'stralli', sono stati costruiti in calcestruzzo e non in metallo, e che negli anni Sessanta non si metteva in conto che il calcestruzzo si degrada e poi collassa - spiega l'architetto genovese Diego Zoppi, ex presidente dell'Ordine genovese, oggi membro del Consiglio nazionale degli architetti -. Cinquant'anni fa c'era una fiducia illimitata nel cemento armato. Si credeva fosse eterno. Invece si è capito che dura solo qualche decennio".
"Nel '67 si aveva tanta fiducia nel calcestruzzo" - "Il ponte Morandi ha sempre avuto problemi di corrosione degli stralli e di eccessive deformazioni, a causa delle perdita di tensione dei cavi di acciaio dentro le strutture di cemento armato precompresso - racconta il professor Andrea Del Grosso, per anni ordinario di Tecnica delle costruzioni all'Università di Genova -. Ma all'epoca della costruzione le deformazioni del calcestruzzo non erano conosciute come oggi".
Riccardo Morandi era un grandissimo ingegnere e progettista, geniale e innovativo. Il ponte per la A10 a Genova, scrive il Cnr, "realizzato tra il 1963 al 1967, è un esempio di razionalismo 'assoluto': l'intera, essenziale geometria ripercorre le linee di forza che sono capaci di garantire l'equilibrio dell'opera sotto l'azione del peso proprio e del traffico stradale". Il problema per il Cnr è che "gli stralli in calcestruzzo armato precompresso hanno mostrato una durabilità relativamente ridotta". Cosa che all'epoca non si sapeva ancora.
"Costi di manutenzione altissimi, meglio demolirlo e ricostruirlo in acciaio" - Ma sul sito ingegneri.info, due anni fa il professor Antonio Brencich, docente associato di costruzioni a Genova, spiegava che il ponte era stato mal progettato, che aveva costi di manutenzione altissimi e che presto sarebbe stato più conveniente demolirlo e ricostruirlo. "Morandi era un grandissimo strutturista, ma col viadotto sul Polcevera ha voluto forzare la mano", dice oggi l'architetto Zoppi. Per l'ingegner Del Grosso, per il ponte sarebbe stata più adatta una struttura d'acciaio: "Ma all'epoca c'era una grande perplessità sull'acciaio, per questioni di durata, mentre le industrie italiane avevano grande esperienza sul cemento armato".