Un 19enne è stato arrestato con l'accusa di omicidio preterintenzionale. Secondo gli inquirenti, insieme a un minore, sarebbe l'autore di un vero e proprio raid punitivo. La vittima morì settimane dopo per le conseguenze del pestaggio
Un 19enne, Daniel Borsi, è stato arrestato a Genova per l'omicidio di Sergio Faveto, un ingegnere informatico disoccupato di 51 anni, picchiato il 3 agosto in piazza Unità d'Italia, nel quartiere Molassana. L'uomo morì in ospedale il 15 settembre a seguito delle ferite riportate nell'aggressione. Il giovane è accusato di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi. Secondo i carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore Paola Calleri, Faveto avrebbe subito un vero e proprio raid punitivo perché laccusato di pedofilia. Denunciato anche un minorenne, sempre per omicidio. Subito dopo il pestaggio, i ragazzi si erano vantati in giro. "Siamo dei grandi, lo abbiamo pestato", dicevano agli amici prima che Faveto morisse per i traumi. Così si legge nell'ordinanza del gip Silvia Carpanini.
Borsi è, dunque, accusato di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi per la morte dell'ingegnere Sergio Faveto di Genova. Per le stesse accuse in concorso è stato denunciato un ragazzo di 17 anni.
Faveto era stato brutalmente aggredito lo scorso 3 agosto in piazza Unità d'Italia con calci e pugni al volto e all'addome ed era morto in ospedale il 15 settembre a seguito delle gravi lesioni riportate nell'aggressione. Il raid punitivo sarebbe scattato a causa di alcune voci riguardanti la presunta pedofilia della vittima, voci risultate poi infondate.
Ma quella sera del 3 agosto, in piazza Unità d'Italia, ad assistere al pestaggio ci sarebbero stati anche una ragazza e un altro giovane. E si stanno accertando le responsabilità penali di altre persone che, a vario titolo, avrebbero aiutato i due giovani ad eludere le indagini.
Sergio Faveto, quel 3 agosto, era seduto ai giardinetti. Era un uomo fragile e solo e con una gran voglia di parlare con qualcuno. Un suo vicino di casa lo ha visto e lo ha preso a schiaffi accusandolo di essere un pedofilo. E' questa, secondo i carabinieri che hanno portato avanti le indagini, la "scintilla" che ha fatto scattare "una vera e propria spedizione punitiva", come scrive il gip.
I ragazzi, dopo che Faveto ha chiamato le forze dell'ordine per la prima aggressione, rifugiandosi in un androne, lo hanno costretto a uscire e lo hanno buttato a terra. A quel punto il minorenne lo ha preso a calci sul petto. Poi, quando hanno sentito avvicinarsi le sirene, sono scappati.
Quando Faveto è morto a settembre, i ragazzi hanno iniziato a preoccuparsi, e hanno cancellato tutte le chat. E quando i carabinieri sono riusciti a rompere il muro di omertà, Borsi ha cercato addirittura di trovare una sorta di giustificazione e ha provato a convincere alcuni amici, chiamati in caserma come persone informate dei fatti, a dire che quella sera l'ingegnere aveva molestato una ragazzina.
Alcuni coetanei avevano parlato con i genitori dopo la convocazione degli investigatori. "Si sono vantati di aver picchiato un signore che poi è morto - aveva confidato un giovanissimo a suo padre -, raccontavano le cose perché finché non era morto erano tutti presi bene. 'Siamo dei grandi, l'abbiamo picchiato', dicevano".