Per Autostrade la relazione degli esperti allontanerebbe "la causa del crollo dagli stralli", dato che la corrosione sarebbe stata su un numero limitato di cavi
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Anni di mancate manutenzioni efficaci a contrastare degrado e corrosione ma anche "difetti esecutivi" rispetto al progetto originario. Eccoli i due "indiziati" principali per il crollo del ponte Morandi, il viadotto autostradale di Genova collassato un anno fa causando la morte di 43 persone. A metterlo nero su bianco sono i tre periti del gip Angela Nutini nella risposta al secondo quesito del primo incidente probatorio.
L'inchiesta sul crollo del ponte Morandi - Gli esperti hanno esaminato le condizioni di conservazione e manutenzione dei manufatti non crollati e delle parti precipitate. L'inchiesta vede indagate 71 persone, insieme alle due società Autostrade e Spea. I reati, a vario titolo, sono di omicidio colposo, omicidio stradale colposo, disastro colposo, attentato alla sicurezza del trasporti e falso.
Autostrade: "Relazione allontana la causa del crollo dallo strallo" - Secondo Aspi, invece, la relazione "allontana la causa del crollo dallo strallo". "Per quanto riguarda la situazione dello strallo della pila 9 - scrive Autostrade - la relazione dei periti riporta soltanto la classificazione degli stati di corrosione dei fili di acciaio componenti i trefoli, classificazione determinata in modo sommario e quindi utilizzabile soltanto ai soli fini descrittivi. Tale classificazione consente comunque di escludere che sia stato lo strallo la causa primaria del cedimento".
"Le percentuali di corrosione riportate nella tabella della perizia depositata - prosegue la nota di Autostrade - confermano in che la capacità portante degli stralli era ampiamente garantita, come hanno dimostrato anche i risultati delle analisi compiute dal laboratorio Empa di Zurigo e dall'Università di Pisa. Quindi, l'eventuale presenza di una percentuale ridottissima di trefoli corrosi fino al 100% non può in alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del Ponte".
I periti: "Cavi corrosi e poca manutenzione" - I docenti universitari che hanno lavorato per il gip hanno fotografato lo stato di quello che resta del Morandi. In particolare per quanto riguarda il reperto 132 (l'ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne del lato Sud), considerata dalla procura di Genova la prova "regina" perché è il punto che si sarebbe staccato per primo, i periti hanno individuato nei trefoli "uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivanti dello zolfo, e cloruri".
Una fotografia impietosa quella scattata dagli esperti: il 68% dei trefoli del gruppo primario, situato all'interno del tirante, e l'85% di quelli più esterni, avevano una riduzione di sezione tra il 50% e il 100%. Corrosione a cui non si è posto rimedio. "Non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado" scrivono i tre, "gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa".
I difetti di esecuzione - A peggiorare lo stato della struttura ci sarebbero anche difetti di esecuzione. Alcune guaine, scrivono gli ingegneri, non sono iniettate del tutto o lo sono parzialmente e i trefoli possono essere estratti manualmente per questo motivo. Dove sono emersi difetti di esecuzione, "i cavi secondari sono spesso liberi di scorrere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine.
In generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale". Stesse valutazioni anche per le parti rimaste in piedi, dove in alcuni punti è stato riscontrato uno "stato di conservazione caratterizzato da un livello generalizzato esteso e grave di degrado".