Genova, le prime auto sul Ponte San Giorgio aperto al traffico
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Propri quei sensori nel 2014, un anno prima che si rompessero e per poi non essere mai sostituiti, avevano fornito i dati con cui era stato stilato il documento in cui si definiva il Morandi a "rischio crollo"
I sensori che avrebbero dovuto monitorare il ponte Morandi, il viadotto crollato il 14 agosto 2018 a Genova causando la morte di 43 persone, non vennero sistemati "dolosamente", nonostante fossero stati tranciati nel 2015, durante alcuni lavori, e nonostante fossero stati caldeggiati dal Cesi nel 2017. E' la nuova accusa che emerge dalle carte dell'inchiesta.
Quei sensori, secondo la ricostruzione dei finanzieri del primo gruppo coordinati dal colonnello Ivan Bixio, un anno prima della rottura avevano fornito i dati con cui era stato stilato nel 2014 il documento in cui venne scritto che il ponte Morandi era a "rischio crollo", unico viadotto in tutta Italia a riportare quella dicitura. Per gli inquirenti, quel documento dimostrerebbe che la società era a conoscenza dei rischi e che non fece nulla. Una circostanza che potrebbe portare alla contestazione del dolo eventuale e non più a una contestazione colposa.
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Gli indagati per il crollo del ponte Morandi Sono 71 le persone indagate tra ex dirigenti di Autostrade e Spea (ex controllata che si occupava delle manutenzioni), dirigenti del ministero delle Infrastrutture e tecnici, oltre alle due società. Le accuse vanno dal disastro colposo, all'omicidio colposo plurimo, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo doloso, falso, omissione di atti di ufficio.
Indagini alle battute finali Le indagini sul crollo sono ormai alle battute finali. Il primo febbraio inizieranno le udienze per il secondo incidente probatorio. A fine dicembre i periti del giudice per le indagini preliminari Angela Nutini hanno depositato la perizia. Secondo i tecnici il ponte aveva difetti di costruzione di cui lo stesso ingegnere Morandi si era a suo tempo reso conto. I super esperti hanno però sottolineato come la società era a conoscenza di quei difetti e che negli anni non erano mai state fatte le manutenzioni necessarie. Manutenzioni che se eseguite avrebbero, con elevata probabilità, evitato il crollo. Dopo la discussione della perizia, che andrà avanti a oltranza, la procura chiuderà le indagini.
"Numerose inadempienze" Dopo la tragedia erano emerse numerose inadempienze: dai falsi report su altri viadotti in tutta Italia, dalle mancate manutenzioni delle gallerie fino alle barriere fonoassorbenti pericolose che ha portato ai domiciliari (poi sostituite con interdittive) l'ex amministratore delegato di Atlantia e Aspi Giovanni Castellucci. Secondo i magistrati la logica del vecchio management era unica: massimo risparmio nelle manutenzioni per ottenere il massimo profitto da dividere ai vari soci.
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