Ponte di Genova, dal crollo al completamento del nuovo viadotto: la cronistoria per immagini
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L'ex a.d. della holding dei Benetton Edizione aveva riferito in aula di sapere già nel 2010 che c'era il rischio crollo: affermazioni definite dai legali degli indagati "del tutto prive di riferimenti oggettivi"
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Nel processo sul crollo del ponte Morandi le dichiarazioni di Gianni Mion sono state definite dalle difese inattendibili. L'ex a.d. della holding dei Benetton Edizione aveva riferito di sapere già nel 2010 che c'era il rischio di crollo del ponte. Affermazioni "del tutto prive di riferimenti oggettivi e riscontrabili e rese da un soggetto che all'esito dell'esame si è dimostrato inattendibile", scrivono in una nota gli avvocati degli indagati.
In aula Mion aveva affermato che si conoscevano i rischi fin dal 2010 ma anche che nessuno credeva che il ponte potesse crollare. "Per certo - dicono i legali - vi è che il signor Mion della riunione 'memorabile' non ricordava il giorno, il mese, l'anno, la stagione e neppure i partecipanti e, ad espressa domanda della difesa, ha smentito la consapevolezza di qualsiasi rischio di crollo. Anzi, ha confermato che gli uffici tecnici preposti avevano garantito la sicurezza dell'infrastruttura".
D'altra parte, si legge ancora nella nota, "nell'esame odierno una figura apicale di Aspi quale l'ingegner Tozzi ha escluso che nel corso delle cosiddette 'induction' e in particolare nella riunione di settembre 2010 siano mai emersi 'difetti di progettazione' o rischi di alcun genere riferiti al ponte Morandi. Infine, è ampiamente emerso a dibattimento come nessuno abbia potuto riferire a Mion di una 'autocertificazione'. Infatti, la sorveglianza sul ponte avveniva si attraverso Spea sia attraverso altre società terze ed esperti qualificati che nel corso degli anni si sono avvicendati".
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