L'impianto doveva essere sostituito duranti i lavori di rinforzo delle pile 9 e 10 che però non sono mai partiti perché nel frattempo la struttura è crollata provocando 43 morti
Il documento "di programmazione del rischio", in cui nel 2014 venne scritto che il ponte Morandi di Genova era a "rischio crollo", veniva compilato anche coi dati ricevuti dai sensori che Autostrade aveva montato anni prima. Ma, hanno scoperto gli investigatori, dal 2015 quell'impianto di monitoraggio strutturale non funzionava più perché tranciato da lavori sulla carreggiata. I sensori, dicono gli inquirenti, non erano mai stati sostituiti.
Il sistema era stato poi inserito nel progetto di retrofitting, i lavori di rinforzo delle pile 9 e 10 che però non sono mai partiti perché nel frattempo il ponte è crollato provocando 43 morti.
Dal 2015, è il ragionamento della Procura, il documento veniva compilato soltanto con le prove riflettometriche e non con altri sistemi di monitoraggio. Un sistema, secondo chi indaga, che forse non era sufficiente a capire le reali condizioni del Morandi.
E allora, si chiedono gli inquirenti, perché nonostante i sensori fossero rotti e ci fosse un unico sistema di monitoraggio, senza nemmeno entrare nei cassoni, il "rischio crollo" non era stato preso in considerazione? Una delle ipotesi è che si dovesse risparmiare sui costi di gestione e che una chiusura parziale o totale della struttura potesse influenzare l'entrata nell'asset aziendale di nuovi soci cinesi e tedeschi.