La sua storia si scopre grazie a un controllo medico, il primo della sua vita. Per un disguido, non è mai stato registrato all'anagrafe
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Sessantadue anni senza identità. Studi scolastici, diversi lavori e affitto pagato, tutto senza avere un solo documento e senza mai averne bisogno. Non è una spy story, e a differenza di Jason Bourne Pietro, il protagonista di questa incredibile storia, non è preoccupato dal fatto di "non esistere". Tutto tranquillo, finchè, dopo sessanta anni, Pietro ha bisogno di un medico: inizia così il viaggio a ritroso nella sua vita.
L'hanno già ribattezzato l'Adriano Meis di Genova, dal nome fittizio che il protagonista de Il fu Mattia Pascal si attribuisce per rifarsi una vita. In realtà, come riporta la Repubblica, Pietro nasce a Reggio Emilia nel 1953, e non ha voluto spogliarsi di una identità scomoda: di fatto, non ne ha mai avuta una. Per un disguido, e complice anche la totale assenza di rapporti con la burocrazia, non è mai stato registrato all'anagrafe. Ha studiato, si è trasferito, ha lavorato e pagato affitti di casa (in nero) senza che gli venisse mai richiesto un documento, un qualche tipo di registrazione.
Il fantasma - Essere “un fantasma” ha i suoi vantaggi: niente servizio militare, niente tasse; in compenso, Pietro non si è sposato e non ha mai avuto un telefono intestato. E nemmeno un medico curante. Ed è qui che si scopre la storia: quando Pietro, dopo sei decenni, ha un problema di salute, si reca all'ospedale San Martino di Genova. E qui per la prima volta Pietro ha bisogno di una carta d'identità, per poter dimostrare di risiedere nel capoluogo ligure e quindi garantirsi gli esami medici.
La ricerca - La ricerca dei dati anagrafici passa per il comune di Reggio Emilia, dove Pietro afferma di essere nato, e persino per la gigantesca banca dati dell'Indice Nazionali delle Anagrafi, ma niente: di lui non c'è traccia in nessun registro.
La scoperta - Alla fine è decisiva la richiesta del certificato di nascita, l'unico documento che attesti l'esistenza di Pietro. E qui si arriva all'inghippo: all'epoca il certificato era stato spedito a Reggio Calabria, dove la madre di Pietro aveva dichiarato di risiedere. Ma di quella donna in Calabria non c'era traccia, sicchè l'unico documento di Pietro era rimasto inutile, e di lui si erano perse le tracce. Ricostruita la sua storia, i funzionari hanno finalmente potuto compilare la carta d'identità di Pietro. Chissà se ora Pietro inizierà a usarla, o continuerà a vivere nell'ombra?