Nell'ambito di un'inchiesta su squillo e tangenti del pm Woodcock, il principe di Savoia, poi prosciolto dalle accuse, finì in manette
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La monarchia si prende una piccola rivincita sulla Repubblica. Vittorio Emanuele di Savoia ha ottenuto 40mila euro dallo Stato come risarcimento per i sette giorni che il principe passò in cella nel 2006, quando fu arrestato nell'ambito di un'inchiesta su squillo e tangenti coordinata dal pm Henry John Woodcock. Il principe è stato processato e prosciolto da tutte le accuse mosse a suo carico. Il suo legale, Francesco Murgia, ha richiesto l'indennizzo per l'ingiusta detenzione e il danno di immagine subito dal suo assistito.
La disavventura giudiziaria del principe ha avuto inizio il 16 giugno del 2006, quando Vittorio Emanuele venne ammanettato alla frontiera fra Como e la Svizzera e portato d'urgenza nel carcere di Potenza, dove rimase fino al 23 giugno.
Secondo il pm Henry John Woodcock, il capofamiglia di casa Savoia doveva rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al gioco d'azzardo e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Dopo una settimana in cella, Vittorio Emanuele ottenne i domiciliari fino al 21 luglio, quando tornò in libertà.
Il principe era finito su tutti i giornali, ma intanto l'inchiesta si stava arenando. Divisa per competenza in tanti pezzi, una parte in Basilicata, altre a Roma e una a Como, soltanto a Roma si arrivò a processo, al termine del quale il Savoia fu assolto con formula piena.
Fino ad arrivare al risarcimento, che il legale di Vittorio Emanuele di Savoia, l'avvocato Francesco Murgia, commenta così a Il Giornale: "Era giusto che l'Italia risarcisse il principe per l'incredibile disavventura, per i sette giorni in cella e per il disastro d'immagine. Vittorio Emanuele era sconvolto per quello che alcuni magistrati del suo Paese gli avevano fatto. Ora è felice per questa pronuncia, è più sereno".