Il ghanese uccise tre passanti a colpi di piccone a Milano. Per il giudice, però, nonostante la seminfermità mentale, non fu la malattia ad agire per lui: Kabobo uccise per farsi arrestare e ricevere così vitto e alloggio
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"La condizione di emarginazione sociale e culturale di Kabobo è stata valutata quale concausa della patologia mentale riscontrata, nel riconoscimento della seminfermità mentale". Lo scrive il gup di Milano nelle motivazioni della sentenza pronunciata contro il cittadino ghanese che, nel maggio del 2013, uccise tre passanti a colpi di piccone a Milano. Kabobo è stato condannato a 20 anni di carcere.
Determinante, nel calcolo della pena, è stato lo sconto per la seminfermità mentale, riconosciuta come chiesto dal pm che nel corso della sua requisitoria si era richiamato alla perizia psichiatrica depositata a ottobre. Lo studio aveva accertato un vizio parziale di mente: Kabobo soffre di "schizofrenia paranoide", ma la sua capacità di intendere al momento dei fatti non era "totalmente assente" e la sua capacità di volere era sufficientemente "conservata".
Secondo il gup, come si legge nelle motivazioni, "la condizione di emarginazione sociale e culturale dell'imputato è già stata valutata, quale concausa della patologia mentale riscontrata, nel riconoscimento della seminfermità mentale ed è già stata quindi oggetto di adeguata considerazione ai fini della quantificazione della pena".
In ogni caso, scrive il magistrato, "non può dirsi che la malattia abbia agito al suo posto: l'efferratezza dei gesti delittuosi secondo il comune sentire potrebbe essere ricondotta alla follia del suo autore, ma in realtà il ghanese non ha ucciso per automatismo travolto dalla malattia".
Invece, la "condizione di stress derivante dalla lotta per la sopravvivenza ha inciso sulla patologia" di Kabobo, "aggravando la sintomatologia delirante e allucinatoria e la comprensione cognitiva". Il gup condivide dunque la perizia psichiatrica, secondo la quale il ghanese voleva "uccidere e con l'occasione farsi catturare per soddisfare i propri bisogni primari".