Il piccolo era tornato in Italia l'8 novembre dopo che lo donna, jihadista, lo aveva portato in Siria nel 2014
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"Mia mamma è morta in un bombardamento, io ero vicino a lei". E' quanto ha detto davanti agli investigatori del Ros, nel corso di un'audizione protetta con un psicologo, Alvin Berisha, il bimbo tornato in Italia l'8 novembre dopo che la madre jihadista lo portò in Siria nel 2014. Il piccolo è ancora sotto shock e la settimana prossima sarà ricoverato e operato per la ferita alla gamba subita nell'esplosione.
Alvin deve essere operato Da quanto si è saputo, inquirenti e investigatori, confrontandosi con lo psicologo, hanno deciso di sentire soltanto per poco il bambino che si trova ancora in uno stato di shock molto elevato per il trauma emotivo subito. Lo ascolteranno ancora più avanti, ma non prima di un mese, dopo che sarà stato ricoverato ed operato per la grave lesione alla gamba che ha subito proprio a seguito di quell'esplosione di cui ha raccontato.
Il racconto del piccolo Il bambino ha confermato, tra le lacrime, di aver visto la madre morire in un bombardamento e che lui in quel momento era a fianco pur essendo riuscito a salvato. Alvin ha inoltre spiegato che il bombardamento è avvenuto quando erano in un altro campo profughi, sempre in Siria, non in quello di Al Hol da cui il piccolo, grazie ad un'operazione delicata di magistrati, forze dell'ordine, Croce Rossa e 007, è stato portato via per poi fare ritorno in Italia.
Le bombe e il caldo Il bimbo non ricorda quando è avvenuto quel bombardamento che ha ucciso la mamma, si ricorda soltanto che faceva "molto caldo". I medici forse proprio dalla ferita del piccolo potranno dire a quando risale l'esplosione.
Il ritorno in Italia L'8 novembre Alvin è tornato finalmente in Italia, dopo quasi 5 anni in Siria (la mamma l'aveva portato via dall'Italia il 17 dicembre 2014), e ha potuto riabbracciare il papà, dopo che era stato strappato anche alle sue due sorelle e inserito nello "Stato islamico". Dopo la caduta dell'Isis e la morte della madre di origine albanese, il bimbo viveva nell'area "orfani" di Al Hol, campo profughi nel nord est della Siria sotto il controllo dei curdi e che ospita oltre 70 mila persone, in gran parte compagne e figli di combattenti jihadisti morti o in prigione.
Il lavoro degli inquirenti Probabilmente solo in seguito inquirenti e investigatori riusciranno a ricostruire le dinamiche dei fati e potranno sapere da lui cosa ha passato in quei lunghi anni in Siria, dove ha visto tutto l'orrore del Califfato.