Dopo le tensioni dei giorni scorsi, venti richiedenti asilo a San Colombano di Collio si rivolgono direttamente agli abitanti: "Vorremmo sentirci come in una grande famiglia"
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"Siamo qua come rifugiati e vorremmo poter essere utili alla comunità. Non siamo venuti per fare guai, non siamo una minaccia per voi, per la vostra vita, per la vostra cultura". Inizia con queste parole la lettera scritta da venti profughi ospiti di un albergo a San Colombano, frazione di Collio (Brescia), dove sabato scorso si sono registrati diversi scontri tra la polizia e alcuni estremisti di destra.
"È brutto sapere che la gente è contro di te" - Una lettera che è un tentativo di riconciliazione con i residente che, in larga maggioranza, si sono mobilitati per contestare il loro arrivo. "È brutto sapere che la gente è contro di te. Fuori da qui vediamo persone che protestano, che gridano e che ci minacciano - continua la missiva, scritta con l'aiuto della Cgil - Noi non odiamo nessuno e non abbiamo cattive intenzioni, ma non vogliamo vivere più con la paura".
"Come in una grande famiglia” - La lettera, fotocopiata in duemila volantini, viene distribuita a tutti. "San Colombano è la nostra salvezza e vorremmo avere la possibilità di dimostrare la nostra riconoscenza per quanto ci viene offerto”.
In base a quanto scritto, il desiderio ultimo dei rifugiati, anche a migliaia di chilometri di distanza da casa, è quello di sentirsi come in "una grande famiglia”. E di bere magari tutti insieme una "tazza di ataja, un buon the caldo, con un sorriso e senza paura".