Confermando la misura di sorveglianza speciale, i supremi giudici sottolineano la "pericolosità sociale" dell'ex fotografo dei vip
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La vita lavorativa di Fabrizio Corona era scandita da "numerosi e cospicui precedenti penali" e "caratterizzata da frequentazioni criminali e da atteggiamenti fastidiosamente inclini alla violazione di ogni regola di civile convivenza". Sono queste le motivazioni che hanno spinto la Cassazione a confermare la misura di sorveglianza speciale disposta a carico dell'ex fotografo dei vip dalla Corte di Appello di Milano nel maggio 2013.
Corona è stato condannato per vari reati a 15 anni di reclusione e attualmente è detenuto nel carcere milanese di Opera. Nel loro verdetto che attesta la "pericolosità sociale", i supremi giudici rilevano come il "modus vivendi" dell'autore dei 'foto-ricatti' - ai danni di calciatori e vip - fosse "caratterizzato dalla ricerca ad ogni costo di facili (ed illeciti) guadagni e da condotte prive di scrupoli volte ad accaparrare risorse da investire in un tenore di vita lussuoso e ricercato".
Senza successo, l'ex re dei paparazzi ha sostenuto in Cassazione che i reati che gli erano contestati "hanno avuto un valore patrimoniale minimo, come ad esempio la spendita di monete false per 200 euro in un'occasione e di meno di cinquemila in un'altra occasione" e che non erano cosi' gravi da giustificare la misura di prevenzione fissata in un anno e sei mesi. In proposito la Suprema Corte ha ricordato a Corona che i suoi reati non sono di poco conto dal momento che si tratta di "estorsioni, ricettazione e spendita di carta moneta falsificata, reati fallimentari, evasioni fiscali, recenti denunce per truffa".