E' polemica per la decisione dell'amministrazione, che ha intimato ai gestori del servizio per i poveri il pagamento di un cospicuo canone. Altrimenti i punti di raccolta saranno rimossi
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E' polemica a Como per la decisione del Comune di introdurre una tassa sugli abiti usati destinati ai poveri. L'aut-aut imposto dall'amministrazione è: o si paga un canone annuo di 400 euro, da aggiungere alla tassa per l'occupazione del suolo pubblico, o i cassonetti gialli per gli indumenti verranno rimossi il primo maggio. Il servizio è gestito dal 2013 da Caritas e Humana.
Nel capoluogo lariano i cassonetti sono in totale una sessantina. Lo scorso anno sono stati raccolti oltre 300mila vestiti usati. A denunciare la situazione è stato il gruppo di minoranza Civitas, guidata dal consigliere comunale Bruno Magatti. "I cittadini - dice a Il Giornale di Como - dai primi mesi di maggio verranno privati di un servizio apprezzato e molto utilizzato".
"Gli attuali gestori della raccolta degli abiti dismessi - spiega - hanno ricevuto dall'amministrazione comunale l'intimazione alla rimozione dei cassonetti dedicati. Il recupero degli abiti dismessi rientra, con pieno diritto, nella raccolta differenziata con riduzione dei rifiuti conferiti all'inceneritore, a costi nulli per l'amministrazione (che introita dai gestori la tassa di occupazione del suolo pubblico) e per i cittadini".
Il gruppo di minoranza ha quindi chiesto al sindaco di ritirare in autotutela l'intimazione alla rimozione dei cassoni; di proseguire con i pattanti esistenti il servizio non facendo mancare ai cittadini il servizio e di indire immediatamente una nuova gara con condizioni economiche più consone al reale mercato di riferimento del servizio.