Il titolare di un negozio di telefonia, a Tgcom24: "Da venerdì saracinesche abbassate e dipendenti a casa, mentre affitto e spese corrono, ma quando davvero si tornerà alla normalità?"
di Gabriella Persiani© Tgcom24
"Ho stimato che con la quarantena da coronavirus perderò migliaia di euro tra ricavi e provvigioni". Ad accendere i riflettori sul commercio messo in ginocchio nella zona rossa del Basso Lodigiano è A.C., dal 1993 titolare di un negozio di telefonia a Codogno (Lodi). "Alle 12.30 di venerdì 21 febbraio, su ordinanza del sindaco ho abbassato la saracinesca e mandato a casa i dipendenti", ricorda a Tgcom24. "Intanto affitto, bollette, costo lavoro corrono, ma, poi, passato tutto quando si tornerà davvero alla normalità?", si chiede.
L'ordinanza ministeriale del blocco attività all'ingresso del negozio di telefonia a Codogno
Come ha stimato le perdite per la quarantena?
"Ho semplicemente diviso il fatturato medio del 2019 per il negozio di Codogno per 12 mesi. Senza considerare momenti di picchi come quelli natalizi. Nei ricavi ci sono anche le ricariche e i servizi incassati per conto del gestore, dove il margine è però bassissimo. Arrivavamo da un periodo molto buono per il mio settore e questo in entrata doveva esserlo altrettanto con le uscite annunciate di nuovi modelli di smartphone, per i quali potevano già partire le prenotazioni, sia per la fascia alta che per quella bassa".
Negozio chiuso, ma uscite in corso, diceva.
"Certo, affitto, bollette, costo dei dipendenti sono sempre presenti, anche se sono fermo. Abbiamo ottenuto un mese di proroga fiscale e per quanto riguarda le provvigioni delle compagnie telefoniche per l'attivazione dei servizi sono state per noi abbassate le soglie per raggiungere gli obiettivi. Ma io, ripeto, sono proprio fermo: zero obiettivi raggiunti. E non va meglio nell'altro negozio di Lodi, che non è in zona rossa".
Qual è la situazione a Lodi?
"Nel negozio che gestisco dal 2017 con un dipendente del posto tutto funziona regolarmente, ma mancano i clienti. Come ho saputo, ne sono arrivati tre di clienti domenica mattina, tutti muniti di mascherine. Non c'è il solito assembramento al bancone, tutti si tengono a debita distanza, c'è chi aspetta pazientemente il suo turno fuori dal locale".
Fino a quando si andrà avanti così?
"Per Codogno ci hanno detto fino all'8 marzo, ma, mi chiedo, quando davvero si tornerà alla normalità? Per carità, le misure prese sono più che legittime, ma, al momento secondo me sono quasi inutili. Perché posticipare di un mese la scadenza di imposte non cambia nulla, non sapendo tra l’altro quando tutto questo finirà. La salute prima di tutto, è ovvio, ma la cosa deve avere una cabina di regia ben coordinata: a noi commercianti non sembra così. Servirà sicuramente un aiuto per ripartire a aziende, commercianti, professionisti della zona rossa; i clienti stessi dovranno sapere di tornare a fare acquisti in tranquillità e in sicurezza".
Si sente di parlare anche a nome di altre realtà?
"Non appertengo a nessuna associazione di categoria, ma è giusto che non pensi solo a me stesso. Codogno è un paese di 15mila abitanti con tante e grandi realtà commerciali e produttive. Nella zona industriale si contano oltre 100 partite Iva da 3 a 600 dipendenti provenienti anche da altre città. La mia fidanzata, anche lei a casa, lavora per una multinazionale della ceramica e ha dovuto disdire gli incontri d'affari a Varese, Como... Un mio amico ristoratore di Codogno che ha dovuto chiudere all'improvviso si è messo ieri a distribuire pane ai bisognosi, con tutta la merce deperibile che ha in magazzino. Non ci interessano i ricavi, ma restare in piedi. Stiamo raccogliendo la nostra nuova vita in quarantena sul blog 'Rossa come il cuore', per cercare anche di sdrammatizzare e di prendere la situazione con ironia".