Si potrebbe arrivare a un verdetto entro fine giornata. "Sono estraneo a tutta la vicenda", afferma l'imputato davanti ai giudici. Il sostituto pg: "Confermare l'ergastolo"
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E' il giorno della seconda udienza davanti alla Corte d'assise di appello di Milano sul caso di Lidia Macchi, uccisa a Cittiglio (Varese) nel 1987. "Non ho ucciso io Lidia Macchi, sono innocente, estraneo a tutta la vicenda", ha affermato Stefano Binda, imputato per il delitto, davanti ai giudici. Il sostituto pg Gemma Gualdi ha chiesto la conferma dell'ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale.
"In quel periodo ero a Pragelato (Torino) e non ho mai spedito la lettera" contenente la poesia "In morte di un'amica", spedita il giorno del funerale e considerata dall'accusa la prova regina contro Binda. Durante la requisitoria, il sostituto procuratore Gualdi ha dichiarato che "il poeta anonimo è certamente Stefano Binda. Ha scritto lui quella lettera perché ha vissuto i fatti descritti", ovvero l'assassinio di Lidia Macchi.
Qualche giorno fa la prima sezione penale della Cassazione aveva rigettato il ricorso presentato dai legali di Stefano Binda contro l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano che ha confermato le esigenze cautelari per il 51enne.