Le analisi sono state eseguite dai periti nominati dal giudice. Estrapolati circa seimila reperti. L'uomo sotto processo per l'omicidio si è sempre proclamato innocente
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Quattro capelli di una persona ignota, che non appartengono alla vittima e nemmeno all'imputato Stefano Binda, sono stati trovati sui resti di Lidia Macchi, la studentessa di Varese massacrata con 29 coltellate nel 1987. Lo hanno riferito i periti nominati dal giudice nel corso dell'udienza in merito agli accertamenti, disposti con la formula dell'incidente probatorio, sul cadavere riesumato nel marzo del 2016.
A esporre i risultati delle analisi, oltre ai periti, sono stati anche i consulenti dei difensori di Binda e della Procura generale di Milano. Circa seimila i reperti estrapolati, tra peli e capelli: tra questi, i quattro che non appartengono a Lidia né a persone del suo gruppo familiare.
Tramite la comparazione con il Dna, è stato "escluso con certezza" anche che quei capelli siano riconducibili a Binda, l'uomo accusato di aver ucciso la ragazza, sotto processo davanti alla Corte d'assise di Varese. L'imputato si è sempre proclamato innocente. Uno dei suoi difensori, l'avvocato Patrizia Esposito, ha commentato così l'accaduto: "Periti e consulenti sono giunti alla stessa conclusione: i capelli non appartengono a Binda e non si sa di chi siano". A questo punto, la salma sarà restituita ai familiari.