Bufera sull'amministratore delegato del Cane a sei zampe, prima importante nomina pubblica dell'era Renzi. Descalzi è sotto accusa per una tangente da un miliardo di dollari in Nigeria
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Il nuovo amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, è indagato dalla Procura di Milano per "corruzione internazionale": il Cane a sei zampe avrebbe infatti versato una tangente di un miliardo e 92 milioni di dollari in cambio della concessione del giacimento petrolifero Opl-245 in Nigeria. Nell'ambito della stessa inchiesta risulterebbero inquisiti anche Paolo Scaroni e Luigi Bisignani.
I fatti risalgono al 2011, quando Descalzi era a capo della Divisione Exploration & Production dell'Eni. Gianluca Di Nardo, procacciatore d'affari, avrebbe avuto, assieme all'amico Bisignani, un ruolo di mediazione per il versamento della presunta maxi-tangente.
Secondo la ricostruzione dell'accusa, per ottenere la concessione di Opl-245, un campo di ricerca e di esplorazione petrolifera su un tratto di mare in Nigeria, l'Eni ha versato un miliardo e 92 milioni di dollari all'allora ministro nigeriano del Petrolio, Dan Etete, titolare della concessione, secondo le indagini, proprio attraverso la società Malabu. E, sempre secondo l'accusa, per avere il via libera i manager dell'Eni (la società è indagata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti) avrebbero dovuto pagare una presunta "stecca" da 190 milioni di dollari.
Svizzera, sequestrati 110 milioni di dollari - Fonti giudiziarie precisano che circa 110 milioni di dollari, ossia una parte della presunta maxi-tangente da 190 milioni, sono stati già sequestrati nei mesi scorsi dalla magistratura svizzera.
L'inchiesta della Procura milanese va a investire la prima importante nomina pubblica dell'era Renzi, ovvero quella di Descalzi al vertice di Eni. Questi ultimi sviluppi hanno a impresso una svolta all'azione della Procura che a luglio, al momento della notifica di un'informazione di garanzia per responsabilità amministrativa, non aveva preoccupato granché Eni.
Eni: "Nessun illecito" - E, se in passato il colosso energetico ha sempre ribadito la correttezza del suo operato, ora Eni "ribadisce la sua estraneità da qualsiasi condotta illecita" in relazione all'indagine della Procura assicurando "massima collaborazione alla magistratura e confida che la correttezza del proprio operato emergerà nel corso delle indagini".
Al riguardo, Scaroni in un'audizione in Senato aveva sottolineato: "Non abbiamo usato intermediari, e abbiamo fatto la transazione solo con lo Stato nigeriano".