CADAVERE NEL LAGO DI GARDA

Federica Giacomini, esami su corde e fil di ferro con cui era stata legata

Il Ris verificherà se la pornostar uccisa fosse stata anche drogata. La polizia è arrivata al barcaiolo, che ha aiutato l'assassino a portare la cassa al largo del lago di Garda, tramite i tabulati telefonici di Franco Mossoni, il compagno dell'attrice hard unico indagato nell'omicidio

19 Giu 2014 - 13:54
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Continuano a tappeto gli esami per riunire i pezzi del puzzle sul delitto di Federica Giacomini. Gli inquirenti non lasciano nulla al caso e faranno esaminare anche corde e fil di ferro con cui la pornostar, originaria di Brescia, era stata legata all'interno della cassa ripescata martedì sul fondo del lago di Garda dai sommozzatori della polizia.

La 43enne, scomparsa da circa 5 mesi, potrebbe anche essere stata sedata o drogata prima dell'omicidio. A rivelarlo sarà presto il Ris, a cui l'Istituto di medicina legale di Padova ha spedito i tamponi effettuati durante gli esami autoptici.

Sull'identità di Federica Giacomini invece ormai non ci sono più dubbi, anche alla luce di alcune sue caratteristiche morfologiche che ne hanno facilitato il riconoscimento (l'assenza della falange del quarto dito della mano destra); ma proseguiranno comunque nei prossimi giorni ulteriori indagini per avere un riscontro più certo possibile anche dal punto di vista del Dna.

Il barcaiolo trovato grazie ai tabulati di Franco Mossoni - "Meglio di no, grazie": nel respingere qualunque domanda sull'accaduto è gentile ma deciso il titolare dell'agenzia di Castelletto di Brenzone che ha noleggiato la barca a Franco Mossoni, il compagno - ora rinchiuso in una struttura per malati di mente a Reggio Emilia - di Federica Giacomini e unico indiziato dell'omicidio. In questa località della sponda veronese del lago di Garda è stagione piena, visto che i turisti tedeschi che qui la fanno da padroni scelgono sempre più spesso il mese di giugno per le loro ferie italiane. "Ho una fila di persone davanti a me che vogliono noleggiare una barca" taglia corto l'uomo. La fila di persone diventa più esigua durante l'inverno, si riduce a una persona nel giorno in cui il finto biologo dietro il quale si celava Mossoni si è presentato alla porta del negozio. L'uomo sosteneva di aver bisogno di una barca e del relativo conducente per depositare in mezzo al lago un presunto congegno di rilevazione. In realtà era una bara di plastica camuffata con pulsanti e antenne per darle una parvenza tecnologica, in cui vi era il cadavere di Federica, appena massacrata.

Nessun sospetto dell'esercente, tanto più che l'assassino aveva le idee ben chiare e si è fatto portare in un punto preciso dello specchio d'acqua, profondo circa 100 metri. Il barcaiolo era talmente convinto di avere per cliente un biologo vero da averlo aiutato a buttare il acqua la cassa, zavorrata in precedenza dall'assassino con un forato di cemento per non riemergere mai più. Quando due giorni fa i sommozzatori hanno riportato in superficie l'involucro l'imprenditore era a riva, le mani nei capelli e lo sguardo inorridito. Particolarmente laborioso è stato il percorso che ha portato la squadra mobile di Vicenza sulle tracce del noleggiatore. Gli investigatori sono partiti dai tabulati telefonici di Mossoni e hanno ricostruito che tra fine gennaio e inizio febbraio, all'epoca della scomparsa della vittima, aveva freneticamente cercato di mettersi in contatto con un barcaiolo di Brenzone. Molti esercizi d'inverno sono chiusi, per cui si è arrivati abbastanza facilmente al noleggiatore. Ma qui c'è stato un intoppo. Per due volte il noleggiatore ha negato la circostanza, forse temendo una verifica di natura fiscale, per poi ammettere solo qualche giorno fa il contatto con l'assassino. "Si è vero" ha detto alla Polizia, raccontando di quel finto biologo (la cella telefonica di Mossoni ha agganciato proprio in quei giorni Castelletto di Brenzone) e della sua volontà di portare una cassa nel punto più profondo del lago.

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