Accordo con l'accusa per un anno e undici mesi con la condizionale. Presunta frode da dieci milioni di euro
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Ha versato all'Agenzia delle entrate circa 6,3 milioni di euro e ha chiesto alla Procura di Milano di patteggiare una pena di un anno e undici mesi con la sospensione condizionale. Così il sondaggista Renato Mannheimer, accusato di associazione a delinquere per una presunta frode fiscale da 10 milioni di euro, punta a chiudere la vicenda.
Versando questo risarcimento, Mannheimer ha trovato un accordo con la Procura di Milano per il patteggiamento. Ora si attende la decisione del gup di Milano Cristina Di Censo, che deciderà sul caso e sulle posizioni di altri imputati il 18 febbraio.
Per trattare con l'Agenzia delle entrate il sondaggista ha fatto una cosiddetta "definizione per adesione" agli avvisi di accertamento contestati.
Lo scorso ottobre il pm Scudieri, dopo aver chiuso le indagini a febbraio, aveva chiesto il processo per Mannheimer e altre nove persone per un presunto sistema fraudolento che sarebbe stato messo in atto per aggirare il fisco attraverso false fatture e società esistenti solo sulla carta.
Il sondaggista, in particolare, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e all'utilizzo di false fatture per operazioni inesistenti (per circa 30 milioni di euro), assieme ad altre quattro persone. Tra loro, il commercialista Francesco Merlo (che ha chiesto di patteggiare un anno e undici mesi anche lui, con un milione di euro circa versati all'Agenzia delle Entrate) e due persone, indagate anche nel caso Finmeccanica: Carlo Gerosa (in fase di udienza preliminare) e il tunisino Hedi Kamoun (ha chiesto di patteggiare un anno e undici mesi). Un altro imputato ha chiesto di patteggiare due anni e quattro mesi, altri due hanno chiesto il rito abbreviato, mentre i rimanenti imputati sono in udienza preliminare.
Secondo le indagini, sarebbe stato proprio Mannheimer "l'ideatore e beneficiario dell'attività fraudolenta, posta in essere attraverso il consulente e commercialista Merlo" e tramite le cosiddette società "filtro" e una serie di società "cartiere" tunisine. Mannheimer, come si legge nell'imputazione, si sarebbe servito "al fine di evadere le imposte sui redditi e sull'Iva, nelle dichiarazioni fiscali societarie per gli anni dal 2004 al 2010" di fatture "per operazioni inesistenti".