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Ecco come si è sgretolato l'alibi del barman di Senago (Milano) reo confesso dell'omicidio della compagna incinta al settimo mese
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Nella grande messinscena partita dalla denuncia della scomparsa da casa di Giulia Tramontano, tante sono le bugie e le contraddizioni di Alessandro Impagnatiello. Bugie e contraddizioni che, messe in fila, hanno sgretolato in poco tempo il suo racconto e lo hanno fatto crollare fino alla confessione di quell'orrore su cui ancora si sta indagando per accertare se davvero abbia fatto tutto da solo oppure sia stato aiutato a nascondere il corpo della sua compagna con in grembo il loro figlio che ha ucciso. Inquirenti e investigatori hanno quasi fin da subito capito che il 30enne barman non era credibile. Fondamentale è stato anche il racconto dell'altra donna, una collega di lavoro con cui lui aveva intrecciato una relazione che da quasi un anno andava avanti parallela a quella con Giulia. Proprio con lei, qualche ora prima di essere accoltellata, Giulia Tramontano si era incontrata. Il lungo elenco di menzogne è cominciato con la denuncia della scomparsa di Giulia, e con quanto ha detto domenica, quando i carabinieri di Rho si sono recati a casa della coppia a Senago, nel Milanese, per un sopralluogo e verificare cosa la ventinovenne aveva portato con sé.
Innanzitutto, Alessandro Impagnatiello ha assicurato di non avere il garage ma solo una cantina, che ha mostrato ai carabinieri.
A loro ha dato poi una giustificazione poco plausibile in merito al forte odore di benzina, che veniva dal bagagliaio della sua auto e dal suo zainetto in pelle. Ha riferito che era dovuto a una perdita di una bottiglia che aveva riempito per fare un rabbocco alla sua motocicletta poi rottamata.
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Quanto ai guanti di lattice blu notati dagli investigatori, ha affermato di esserseli procurati per lavare i piatti a mano in quanto la lavastoviglie era guasta.
Inoltre, aveva assicurato che sabato sera la discussione tra lui e Giulia, dopo la scoperta da parte di lei del tradimento, era stata "pacifica", che lei attorno a mezzanotte era uscita di casa per comprare delle sigarette. Lui invece era andato a Milano a casa di un pusher dove si è fermato per alcune ore a fumare marijuana, fornendo un indirizzo inesistente. Ore in cui invece, confesserà poi, avrebbe cercato di bruciare il corpo senza vita di Giulia, dopo essersi impossessato del suo cellulare per scrivere e inviare una serie di messaggi: doveva far credere che si era davvero allontanata da casa.
Alle domande insistenti dell'amante su come stesse Giulia e su dove fosse, prima ha detto che stava dormendo nella loro camera, poi alla richiesta di mostrare, riprendendola con il cellulare, la stanza da letto, essendo vuota, ha cambiato versione: si era trasferita da un'amica, la quale però ha negato di averla ospitata. E sempre all'amante, da cui si è presentato in piena notte sotto casa, senza che lei lo lasciasse entrare, ha continuato a raccontare che Giulia era "bipolare" e che il figlio che aspettava non era suo.
In precedenza, le aveva pure mostrato un test del Dna falso per rassicurarla che il bimbo in arrivo non era suo.
Tra le altre bugie inanellate, quella dell'accoltellamento che davanti al gip ha ridimensionato: Giulia, prima che lui la uccidesse, si sarebbe solo ferita inavvertitamente a un braccio e non al collo perché voleva morire, come aveva detto inizialmente.
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Inquirenti e investigatori hanno anche il dubbio che possa essersi sbarazzato del corpo martoriato da solo: stanno indagando per verificare se sia stato o meno aiutato a nascondere il cadavere che poi ha fatto ritrovare.