Il proiettile che ne ha provocato la morte sarebbe giunto dal fianco, e quindi non sarebbe stato sparato dagli agenti di polizia penitenziaria. Per avere ulteriori riscontri gli inquirenti attendono però i risultati dell'autopsia
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Potrebbe essere stato il "fuoco amico", e non gli agenti di polizia penitenziaria, a uccidere Antonino Cutrì, il fratello dell'ergastolano morto per un colpo d'arma da fuoco durante la rocambolesca evasione a Gallarate. Per la fine del giovane la Procura ha infatti iscritto sul registro degli indagati 5 persone: gli stessi componenti del commando, che oltre che dell'evasione devono rispondere anche di omicidio.
I cinque sono il 48enne Davide Cortesi, il 25enni Danilo Grasso e Christian Lianza, il 31enne Aristotele Buhne e il 23enne Daniele Cutrì, terzo fratello dell'evaso. Per avere un ulteriore riscontro sulla dinamica della sparatoria, sarà necessario attendere l'esito dell'autopsia, fissata per martedì pomeriggio. Ma dai primi esami medico-legali era emerso come il proiettile che ha ucciso Antonino Cutrì fosse giunto non dalle sue spalle ma dal fianco: entrato dalla parte destra del collo, era uscito dalla nuca. E quindi sarebbe stato sparato non dagli agenti di polizia penitenziaria ma dai complici del commando.
Oltre all'autopsia, sarà necessario quindi affidarsi anche alle perizie balistiche, che dovranno stabilire le traiettorie dei 33 colpi di tre diversi calibri esplosi durante la sparatoria: 24 sarebbero stati sparati dagli agenti e 9 dai banditi.