Brescia, la testimonianza di uno dei dipendenti potrebbe far luce sulla sparizione di Mario Bozzoli. Gli inquirenti ritengono che l'uomo non sia mai uscito dall'azienda
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La sera dell'8 ottobre, giorno della scomparsa di Mario Bozzoli, l'impianto delle fonderie Bozzoli fu riattivato per una fiammata anomala. E' questa la testimonianza di uno degli operai dell'azienda che potrebbe far luce sul mistero che avvolge l'imprenditore bresciano e sulla morte di uno dei suo dipendenti, Giuseppe Ghirlandini. Gli inquirenti non avrebbero ormai più dubbi sull'esistenza di un legame fra i due casi.
Per gli inquirenti Bozzoli non è mai uscito dalla fonderia - Secondo quanto emerso, per gli inquirenti Bozzoli non sarebbe mai uscito dalla fonderia. L'attenzione resta quindi puntata sui forni interni alla Bozzoli e a tal proposito l'avvocato Patrizia Scalvi, legale nominato dalla moglie e dai figli di Mario Bozzoli, ha nominato un nuovo perito. Si tratta di Giovina Marina La Vecchia, ordinario di metallurgia all'Università di Brescia. "Le chiediamo di chiarirci come funziona il forno e se c'è possibilità eventualmente di trovare tracce qualora l'imprenditore sia realmente finito in uno dei forni della ditta" ha spiegato il legale.
Il mistero delle due bottigliette accanto al corpo di Gherardini - Secondo quanto riportato dal Quotidiano Nazionale, ci sarebbe anche un altro elemento ritenuto importante dagli inquirenti per far luce sul mistero che sembra avvolgere le fonderie Bozzoli. Gherardini, trovato morto domenica sopra Ponte di Legno, aveva con sé due bottigliette entrambe vuote. Sul corpo non sono stati trovati segni di violenza, ma è ancora presto per poter parlare di morte naturale: i test scientifici sulle bottigliette potrebbero infatti essere decisivi per far luce sulle cause del decesso.