La donna è deceduta il 28 aprile 2016 alla clinica Mangiagalli di Milano insieme alle due figlie che portava in grembo
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Il gip di Milano Stefania Donadeo ha disposto l'imputazione coatta e chiesto il rinvio a giudizio per un medico e due ostetriche della clinica Mangiagalli, accusati di omicidio colposo per il caso di Claudia Bordoni, la donna di 36 anni morta il 28 aprile 2016 insieme alle due gemelle che portava in grembo. La Procura aveva chiesto l'archiviazione dell'indagine, ma il giudice ha accolto l'opposizione avanzata dei familiari della donna.
L'unica delle quattro indagate per cui il gip ha disposto l'archiviazione, in linea con la tesi dei legali della famiglia di Claudia Bordoni, è una psichiatra che valutò la signora alla Mangiagalli.
La ricostruzione della tragedia - La 36enne, manager originaria della Valtellina, dal 13 al 20 aprile del 2016, era stata ricoverata al San Raffaele per complicazioni nel corso della gravidanza. Il 26 aprile si era recata al pronto soccorso della clinica Mangiagalli, il 27 era stata ricoverata nel Dipartimento materno-infantile ed era morta il 28 per un'emorragia interna.
La procura aveva chiesto l'archiviazione - Ascoltato il consulente tecnico nominato, la procura aveva escluso nella richiesta di archiviazione il nesso causale tra l'omissione "gravemente colposa" degli imputati e la morte della paziente con le due bimbe che aveva ancora in grembo.
La tesi del giudice - Secondo il giudice, a differenza di quanto sostenuto dal pm Maura Ripamonti, "è evidente come non si possa ragionevolmente escludere che, se i sanitari imputati avessero posto in essere le condotte doverose omesse, in termini di accertamenti diagnostici e terapeutici suggeriti dalle linee guida" accreditate "la morte della signora Bordoni, e anche quella delle gemelle non si sarebbe verificata" nell'immediato "o al massimo si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva".