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Le tolgono stomaco per errore, due chirurghi a processo nel Milanese | "Ridotta a uno scheletro"

Secondo la Procura di Monza, l'intervento ha provocato una "malattia certamente o probabilmente insanabile"

13 Set 2019 - 15:11
 © -afp

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Ha subito l'asportazione dello stomaco "per errore", dopo una "diagnosi di tumore maligno" che si è rivelata "totalmente sbagliata". E' accaduto nel 2016 ad una 53enne e per quell'operazione non necessaria, secondo la Procura di Monza, che le ha provocato una "malattia certamente o probabilmente insanabile", la perdita di un organo, sono finiti a processo due chirurghi dell'Irccs Multimedica di Sesto San Giovanni. La donna: "Ero ridotta a uno scheletro".

Il pm di Monza ha disposto la citazione diretta a giudizio per lesioni colpose gravissime di due medici, in qualità rispettivamente di "primo" e "secondo" chirurgo all'epoca. La Multimedica spa è stata citata nel dibattimento come responsabile civile dal legale della donna.

L'avvocato Cioppa ha evidenziato "insieme all'inaudita gravità del comportamento negligente ed imperito mantenuto dagli imputati, l'incomprensibile ed inaccettabile indifferenza mostrata sia da questi, sia soprattutto dalla struttura sanitaria in cui questi operavano ed operano, nei confronti delle sorti della paziente e delle immani sofferenze a lei inferte".

Secondo l'imputazione, la 53enne, che per circa dieci mesi, dopo l'intervento di gastrectomia totale del 4 aprile 2016, non riuscì più ad avere una vita normale ("ha perso 30 kg da allora", spiega il legale), diede il "consenso informato" a quell'asportazione per una "diagnosi di tumore maligno dello stomaco rivelatasi totalmente sbagliata e priva di qualsiasi riscontro".

I due medici, "componenti l'equipe che ha prescritto, programmato, gestito ed effettuato l'intervento", tra le altre cose, come scrive il pm, hanno "interpretato in maniera completamente errata la Egds (esofago-gastro-duodenoscopia,ndr) e la Tac addominale del 31 marzo 2016". E hanno "formulato un'errata diagnosi di carcinoma gastrico" senza "attendere l'esito delle biopsie eseguite". Assenza di esiti di cui non hanno informato, sempre secondo l'accusa, la donna. Né le avrebbero spiegato "le ragioni della scelta di eseguire un'asportazione totale rispetto alla possibilità di procedere ad una asportazione parziale dell'organo". In più, sempre come ricostruito dal pm, nel corso dell'intervento non hanno eseguito biopsie per "acquisire ulteriori elementi di valutazione". E non hanno nemmeno rispettato le "linee guida in materia che impongono, ove possibile, di privilegiare un'asportazione parziale".

I consulenti del pm: "Bastava una terapia farmacologica" - L'analisi di "questo caso" è "estremamente semplice: in sintesi la paziente è stata operata come se fosse affetta da un cancro gastrico che non era documentato, con tutte le conseguenze del caso dovute alla mancanza ormai definitiva dello stomaco", mentre bastava "una terapia farmacologica" per l'ulcera gastrica. E' quanto scrivono il professore e medico legale Arnaldo Migliorini e il professore e chirurgo Jacques Megevand, consulenti della Procura di Monza, nella relazione medico-legale agli atti dell'inchiesta.

La testimonianza della donna: "Ridotta a uno scheletro" - "Ridotta ormai a uno scheletro vivente, il 19 aprile 2016 venni dimessa e rimandata a casa". Così la donna ha raccontato nella denuncia, presentata dall'avvocato Francesco Cioppa e che poi ha fatto scattare il processo a carico di due chirurghi, il "calvario" dal quale è derivato, come ha spiegato lei stessa, "una vera e propria brutale, indegna ed ingiustificabile, sul piano scientifico, mutilazione".

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