ANCHE PER L'AVVOCATO MARINI

Lodi, arresti domiciliari per il sindaco Pd Simone Uggetti

Alleggerita la misura cautelare nei confronti dell'ex primo cittadino lombardo, che era in carcere dal 3 maggio

14 Mag 2016 - 07:33

Il gip del Tribunale di Lodi ha concesso gli arresti domiciliari al sindaco Pd Simone Uggetti, arrestato il 3 maggio con l'accusa di turbativa d'asta in relazione all'appalto per la gestione delle piscine comunali scoperte in via di aggiudicazione alla società Sporting Lodi. Medesima misura cautelare anche per l'avvocato Cristiano Marini, consigliere della società, finito in manette nella stessa inchiesta. I due hanno collaborato alle indagini.

In particolare, il sindaco e l'avvocato erano finiti in carcere per il pericolo di inquinamento probatorio perché, secondo le indagini, avrebbero tentato di fare sparire alcuni dati dai computer e di carpire informazioni sulle indagini. Una precedente istanza di scarcerazione avanzata dalla difesa del sindaco il 6 maggio era stata respinta perché, secondo il gip Isabella Ciriaco, sussistevano ancora le esigenze cautelari. Il 9 maggio, però, sia Uggetti sia Marini davanti al pm di Lodi Laura Siani hanno collaborato alle indagini e reso anche le ammissioni.

Restano gravi indizi - Da quanto si è saputo, il giudice nell'ordinanza, dopo aver precisato che restano fermi i gravi indizi di colpevolezza rispetto al quadro accusatorio, dà atto del percorso collaborativo seguito dal sindaco dopo l'arresto. Uggetti, infatti, nei giorni scorsi non solo si è sottoposto ad un interrogatorio davanti al pm Laura Siani e ha reso ammissioni, ma ha anche fornito le password per permettere agli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Lodi di accedere a computer, telefoni e tablet sotto sequestro.

"Il gip ha tenuto conto del fatto che il nostro assistito ha risposto a tutte le domande", ha spiegato il legale Pietro Gabriele Roveda, difensore del sindaco assieme al professore Francesco Mucciarelli. In sostanza, il giudice ha ritenuto che sulla base della collaborazione fornita e delle ammissioni rese si sono attenuate le esigenze cautelari e, in particolare, il pericolo di inquinamento probatorio che giustificava, come aveva stabilito il gip, la custodia cautelare in carcere.

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