Per il giudice "è fondata la contestazione dell'aggravante della discriminazione legata all'orientamento sessuale"
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Il tribunale di Milano ha condannato due genitori egiziani per aver offeso e picchiato il figlio dopo che quest'ultimo aveva confessato loro di essere omosessuale. Il 15enne, da tempo bullizzato a scuola e senza amici, aveva provato a trovare conforto nella madre e nel padre svelando, via messaggio, di essere gay. Ma la loro reazione non era stata quella sperata.
Come riporta il Corriere della Sera, arrivato al punto di compiere gesti di autolesionismo, il giovane aveva trovato il coraggio di creare un gruppo Whatsapp con i genitori dove aveva inviato un video di un ragazzo arabo omosessuale, accompagnato da poche e semplici parole: "Anche io sono gay".
Una volta tornato a casa, però, non aveva trovato la comprensione sperata. E' stato prima rimproverato dalla madre, secondo la quale nessun musulmano si sarebbe mai comportato così per rispetto del Corano e che la "colpa" dell'accaduto fosse dell'istruzione ricevuta a scuola, che doveva quindi lasciare al più presto. Rientrato nell'abitazione poco dopo, il padre è passato alle mani. Prima lo ha fatto cadere dalla sedia con uno schiaffo violento, poi lo ha preso a calci anche in faccia e lo ha irriso pesantemente. "Vuoi sposarti con un uomo? Allora tirati giù i pantaloni che ti…", gli ha gridato.
Per il giudice Luca Milani "è fondata la contestazione dell'aggravante della discriminazione legata all'orientamento sessuale", perché "l'aggressione perpetrata dal padre è stata nitidamente ispirata da sentimenti di odio verso l'autonomia manifestata dal minore sulle proprie scelte di genere". E la madre, "nella propria posizione di garanzia, appunto in quanto madre, aveva l'obbligo giuridico di impedire le lesioni" e invece "nulla ha fatto". Il giudice ha condannato la donna a un anno e il marito a due.