Coinvolto anche il rapper 20enne "Neima Ezza": brandiva un machete contro gli agenti. Deve rispondere anche di porto d'armi
Dopo i tafferugli avvenuti a Milano durante la produzione di un video rap, il 10 aprile, la polizia ha eseguito a Milano 13 decreti di perquisizione domiciliare. Nel mirino delle forze dell'ordine le abitazioni di dieci maggiorenni e tre minorenni: per loro l'accusa è di manifestazione non preavvisata, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravate, nonché, per uno dei maggiorenni, di porto d'armi.
Un machete brandito contro gli agenti - Tra gli iscritti nel registro degli indagati dal capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili, anche il rapper 20enne "Neima Ezza", nome d'arte di Kazir Siffedine. Il musicista aveva dato appuntamento via social ai sostenitori alle 16 in piazzale Selinunte, nel cuore del quartiere Aler di San Siro, nonostante le restrizioni anti Covid. E' lui che appare in primo piano, nelle immagini riprese dalle forze dell'ordine, con un machete che rivolge contro gli agenti disposti in assetto anti-sommossa. Nonostante il volto coperto, è stato identificato anche grazie alla tuta indossata, poi ritrovata nella perquisizione in via Novara.
Il gruppo si era poi spostato in via Micene dove sono state realizzate le riprese del video musicale. Indagato e perquisito anche il rapper Baby Gang, che era con Neima Ezza a girare il video.
Precedenti per Zefe - Il rapper con il machete, Zefe, che ha precedenti per rissa e in passato è stato destinatario di un obbligo di dimora, era arrivato a Milano per partecipare al video violando il divieto di spostarsi da una città all'altra senza valido motivo. E' lui, uno dei 13 perquisiti, a dover rispondere anche di porto d'armi.