vittima scomparsa nel 2013

Monza e Brianza, cadavere murato in casa: arrestato l'esecutore materiale | Il mandante è la ex derubata

Il corpo della vittima, scomparsa nel 2013, è stato scoperto dai carabinieri in una villa a Senago, nel Milanese. A commissionare il delitto, per vendetta, la donna con cui ebbe una relazione

13 Ott 2020 - 14:01
Cerciello Rega, in aula un audio sul presunto accordo tra i carabinieri

Cerciello Rega, in aula un audio sul presunto accordo tra i carabinieri

Un uomo è stato arrestato dai carabinieri di Monza con l'accusa di omicidio volontario. La vittima è il cittadino albanese Astrit Lamaj, scomparso nel gennaio 2013 e ritrovato nel 2019, murato in una villa a Senago, nel Milanese. L'arrestato, un 45enne di Riesi (Caltanissetta), già agli arresti domiciliari con l'accusa di associazione mafiosa, è stato incastrato da un collaboratore di giustizia. A commissionare il delitto sarebbe stata la ex, abbandonata e derubata dall'albanese, con cui aveva intrattenuto una relazione.

L'inchiesta, coordinata dalla procura di Monza, che ha portato all'arresto del 45enne Salvatore Tambè con l'accusa di essere l'esecutore materiale dell'omicidio, è nata nel 2018 a seguito delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia e rappresenta lo stralcio di un procedimento penale che nel 2019 aveva portato all'arresto di altre cinque persone. Tra queste anche una commerciante di gioielli di 64 anni che, all'epoca dei fatti (secondo la ricostruzione degli inquirenti) era stata derubata e lasciata dalla vittima con cui aveva una relazione, e per questo avrebbe commissionato l'omicidio a persone legate a Cosa nostra.

A far ritrovare nel 2013 i resti del 41enne albanese murato in un pozzo artesiano di una villa privata di Senago, erano state proprio le dichiarazioni rese dal collaboratore nell'ambito di un'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta. Secondo quanto riferito dall'Arma, la partecipazione di Salvatore Tambè al delitto e all'occultamento del cadavere "si spiegherebbe con il suo legame con la cosca mafiosa dei Cammarata". Sempre secondo l'accusa, Tambè "era riuscito a crearsi un alibi già il giorno dell'assassinio, fornendo all'ignaro socio in affari una motivazione (poi risultata falsa) per essersi allontanato da una rivendita di ricambi per autovetture dove lavorava: in pratica aveva spiegato di dover andare urgentemente in posta in un orario compatibile con l'omicidio". 

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