Leonardo Cazzaniga sulla ragione che lo ha spinto a somministrare ai pazienti i cocktail letali di farmaci: "l'ho fatto come una forma di pietà, di cui sono fiero"
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"A torto o a ragione ero considerato la persona più importante e carismatica del pronto soccorso. Mi ritengo il migliore dei medici per la vastità delle mie competenze". Lo ha detto Leonardo Cazzaniga, a processo per le morti in corsia all'ospedale di Saronno, agli psichiatri che lo hanno ritenuto capace di intendere e di volere. Sulla ragione dei cocktail di farmaci somministrati ai pazienti, "l'ho fatto come una forma di pietà, di cui sono fiero".
La perizia disposta dal gip ha ritenuto Cazzaniga capace di intendere e di volere anche se "affetto da disturbo narcisistico della personalità".
Dalla perizia è emerso che Cazzagina "praticava ostentazione culturale anche nei verbali di pronto soccorso, dove utilizzava un italiano 'alto e desueto' e talora il latino". Nei colloqui citò Milton, Schopenhauer, Foucault ed Heidegger e, fanno sapere gli psichiatri, "ci tiene a spiegare che lui è sempre stato affetto da melanconia, non da banale malinconia. Nel raccontare fa riferimento al proprio narcisismo, termine su cui tornerà quasi con compiacimento e specificando: 'Sono narcisista con grandiosità dell'Io'".
Quando, dopo l'arresto, gli chiesero ragione dei cocktail di farmaci somministrati ai pazienti, il medico rispose: "Ho maturato la convinzione che fosse inumano e anti-pietas comportarsi sul morente in modo accanente". A suo avviso erano pazienti "in fase terminale, preterminale. Per terminali intendo minuti, mezz'ore e ore, per me era semplicemente accompagnarli alla morte".
Gli esperti hanno scavato anche nella psiche dell'amante di Cazzainga amante, l'infermiera Laura Taroni concludendo che anche lei era in grado di intendere e di volere all'epoca dei fatti. Gli psichiatri parlano di "delitti in coppia", ovvero commessi senza "la presenza di una condizione di assoluta predominanza di un soggetto sull'altro" ma in una condizione di "mutua concordanza" tra i due che si è formata "dall'incontro tra due volontà".
Un accordo che giunge dopo l'inizio della loro relazione ma che parte da due esperienze di vita ben diverse. La storia della Taroni fu "contrassegnata da difficoltà e sofferenze", da "precoci e persistenti difficoltà nel rapporto con la madre", che è tra le persone accusate di aver ucciso, come il marito che l'infermiera descrive come persona sadica, pur sostenendo che il trattamento farmacologico a cui l'avevano sottoposto era finalizzato "a non farmi massacrare", non a sopprimerlo.