I manette 4 persone tra cui il boss del clan di Desio, diventato il "padrone" dell'albergo controllandone quote e società. Avrebbero anche cercato di ottenere soldi destinati a un progetto in Africa e chiesto "interessi usurari" a un imprenditore in difficoltà
Quattro persone sono state arrestate dalla polizia in esecuzione di un'ordinanza del gip di Milano Guido Salvini con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso e usura. Tra loro c'è Alfonso Pio, 52 anni e figlio di Domenico, boss del clan della 'ndrangheta di Desio (Monza). Pio sarebbe diventato il "padrone" dell'Hotel del Golfo di Finale Ligure e avrebbe imposto che la sua compagna "soggiornasse gratuitamente in una suite riservata".
L'estorsione per avere le quote - L'ordinanza è stata firmata dal gip di Milano Guido Salvini, su richiesta dei pm Adriano Scudieri e Francesco Cajani. Gli altri tre arrestati, oltre ad Alfonso Pio, sono Omar Petrocca, Ezio Mario Scirea e Francisc Kelemen. Ad Alfonso Pio viene contestata, tra le altre cose, un'estorsione aggravata dal metodo mafioso perché, assieme a Omar Petrocca avrebbe costretto, "con minacce", i soci della Confort Hotels & Resorts srl, "società proprietaria dell'Hotel del Golfo", a consegnare allo stesso Petrocca "i certificati cartacei attestanti la titolarità delle quote della società".
Il controllo della società - L'estorsione serviva per "ottenere il controllo della società, senza dar seguito al contratto preliminare di vendita delle medesime quote già stipulato" con un altro socio. Così Pio avrebbe ottenuto nel 2018 il "controllo della societa'" e del resort.
La suite per la compagna - Alfonso Pio, oltre che figlio di Domenico Pio, arrestato nel 2010 nella maxi inchiesta "Infinito", è anche cugino di Candeloro Pio, finito in manette nell'ambito della medesima inchiesta. Per questo avrebbe fatto "valere" la sua "appartenenza" alla 'ndrangheta per imporsi sulle "vittime". Dal 2016, poi, avrebbe imposto che la sua compagna Nelli Gubina, detta Stella, "soggiornasse gratuitamente in una suite a lei riservata, sia nella stagione estiva che in quella invernale nonostante l'hotel fosse chiuso al pubblico da ottobre ad aprile.
Minacce di morte e botte a un dipendente dell'albergo - Nel giugno 2018 avrebbe, inoltre, minacciato "di morte" un dipendente dell'hotel dicendogli "che Stella "può prendere quello che vuole" perché "sono io il capo" e il primo agosto 2018 lo avrebbe picchiato "impossessandosi dei contanti presenti in cassa". L'appartenenza alla 'ndrangheta di Pio, si legge nell'ordinanza, veniva prospettata "anche da Petrocca in alcuni colloqui" con uno dei soci della societa' dell'hotel. Petrocca diceva che Pio era una persona "difficile da far ragionare".
Uno dei soci: "Ho paura, ho famiglia" - Dalle intercettazioni è emerso che uno dei soci della società proprietaria dell'Hotel diceva di non potersi presentare all'assemblea dei soci del 2018 dopo le minacce subite da Alfonso Pio. - "Non posso venire, tengo famiglia, non posso venire", diceva. Anche in occasione di una successiva assemblea dei soci risulta che Alfonso Pio minacciasse lo stesso socio che, poi, gli aveva risposto: "Questa è la seconda volta che faccio saltare la riunione, ho fatto quello che volevate e mi piglio io le responsabilità".
Intimidazioni anche alla moglie del socio - Sempre in seguito a un vero e proprio "stato di intimidazione" il socio e sua moglie, anche lei nella società, il 28 agosto 2018 avevano fatto consegnare gli "originali dei certificati azionari" a Omar Petrocca, uno degli arrestati, "che li esibiva all'assemblea del giorno seguente e se ne impossessava". Così la 'ndrangheta avrebbe ottenuto il controllo dell'albergo.
Usura verso un imprenditore - Alfonso Pio e Ezio Mario Scirea sono anche accusati di usura per aver chiesto, tra il 2018 e il 2019, a un imprenditore in crisi "interessi usurari pari a circa il 5% del capitale su base mensile" come corrispettivo di un prestito di 10mila euro.
Soldi che servivano per un progetto in Africa - I due, assieme a Francisc Kelemen, sono inoltre accusati di un'altra estorsione aggravata dal metodo mafioso: avrebbero, infatti, cercato di costringere con minacce una persona a consegnare 300mila euro che dovevano servire sulla carta per "un progetto in Africa". E avevano cercato di farsi restituire dalla stessa persona altri 135mila euro. Nel novembre del 2019, però, la vittima dell'estorsione aveva sporto denuncia. Scirea, come emerso nell'inchiesta, aveva minacciato la vittima dicendo che "aveva conoscenze con mafiosi" e aveva fatto recapitare nella casetta della posta dell'abitazione della vittima un biglietto anonimo con scritto "siamo passati a trovarti".