L'imputato prima della sentenza: "Sono innocente, non ho fatto nulla"
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C'è la sentenza di secondo grado sull'omicidio di Mario Bozzoli, l'imprenditore svanito nel nulla l'8 ottobre del 2015 all'interno della sua fonderia di Marcheno, nel Bresciano: il nipote Giacomo è stato infatti condannato all'ergastolo. L'accusa aveva chiesto appunto la massima pena, la difesa l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Il corpo dell'imprenditore non è mai stato trovato perché, secondo il sostituto procuratore, "la fumata anomala dei forni" della fonderia registrato "alle 19.18 di quell'8 ottobre 2015, è il momento della materiale soppressione del cadavere".
Sette ore di Camera di Consiglio. E poi la sentenza. Che non cambia il primo grado. Giacomo Bozzoli è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio dello zio Mario, l'imprenditore di Marcheno, nel Bresciano, svanito nel nulla l'8 ottobre 2015. Ucciso nel forno della sua fonderia secondo gli inquirenti. L'accusa aveva chiesto la conferma all'ergastolo, mentre la difesa l'assoluzione.
"Ci sono undici proiettori - tanti quanti gli elementi ritenuti forti - che illuminano Giacomo Bozzoli come unico responsabile dell'omicidio e dell'occultamento del cadavere dello zio Mario Bozzoli", ha sostenuto il sostituto procuratore generale d'udienza Domenico Chiaro nel corso delle repliche nel processo d'appello. "Non ci sono prove su che fine abbia fatto Mario Bozzoli. Prima di chiedere la condanna all'ergastolo per una persona bisognerebbe portare una prova per dire come e dove è stato ucciso il povero Mario Bozzoli", la tesi dell'avvocato della difesa Luigi Frattini che ha avuto anche un battibecco con i colleghi di parte civile. "Vorrei sapere quali sono gli indizi precisi, molteplici e concordanti, come prevede la legge, in grado di dire che Giacomo Bozzoli è responsabile. La fumata del forno? Non c'è prova che un corpo sia finito là dentro". Per dimostrare lo scioglimento del cadavere nel forno è stato usato anche un maiale.
Anche oggi, 17 novembre, l'imputato prima della sentenza si è dichiarato innocente. "Io - ha detto Giacomo Bozzoli - non ho fatto nulla". "Capisco il dolore della famiglia di mio zio Mario. Volevo dirvi del grande dolore e del grande tormento che provo da anni per essere stato dapprima imputato e poi condannato all'ergastolo per un fatto che non ho commesso. Due mesi prima della sparizione di mio zio Mario ho vissuto il momento più bello della mia vita perché era nato mio figlio. Capisco il dolore della famiglia di mio zio Mario ma giuro su quanto ho di più caro al mondo che non ho fatto nulla". Giacomo Bozzoli ha così parlato ai giudici della Corte d'Assise d'appello di Brescia entrassero in camera di consiglio per la sentenza.
In serata non si è presentato in aula per la lettura della sentenza. E' stata la prima assenza in quasi tre anni di processo tra primo e secondo grado. I giudici sono entrati in aula alle 18:28. Pochi minuti per confermare l'ergastolo.
"Siamo soddisfatti. Noi vogliamo la verità e la Corte si è espressa in tal senso. Andiamo avanti" il commento a caldo di Irene Zubani, la vedova di Mario Bozzoli. "Sono contento per papà" si è sfogato Giuseppe, uno dei due figli dell'imprenditore ucciso. Frastornato invece Adelio, padre dell'imputato condannato al fine pena mai e fratello della vittima. "Lo hanno condannato poverino. Non so cosa dire. Non sto bene", si lascia sfuggire sostenuto dai suoi legali che non commentano. Parlano invece i legali di parte civile. "La camera d'attesa lunga ha un significato: la decisione è stata ponderata ed è giusto così. Ora la difesa ricorrerà legittimamente in Cassazione ma per loro la strada si fa sempre più in salita".
"Giacomo è un violento e prevaricatore. Odiava lo zio e voleva ucciderlo, pianificava la sua morte da anni nei minimi dettagli e per noi Mario Bozzoli è stato ucciso oltre ogni ragionevole dubbio dal nipote Giacomo Bozzoli nel forno della fonderia", questa le tesi portata avanti con successo dai pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani nel processo di primo grado il cui esito è stato ora confermato in appello.
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Il nipote ha distrutto il cadavere dello zio Mario adagiandolo, anche avvalendosi della collaborazione di terze persone, sulla superficie di un bagno di metallo fuso nel forno grande della fonderia Bozzoli srl sino a ottenerne la carbonizzazione e l'incenerimento, ovvero trasportandolo fuori dallo stabilimento della Bozzoli srl e facendone perdere definitivamente le tracce.
Secondo gli inquirenti nella vicenda era coinvolto anche Giuseppe Ghirardini, l'addetto ai forni che sparì sei giorni dopo il suo datore di lavoro e che venne trovato senza vita in Vallecamonica con un'esca al cianuro nello stomaco. I pm lo avevano definito "un suicidio parlante" nonostante non fossero stati ritrovati biglietti. "Ghirardini non avrebbe retto al rimorso, al peso e alla paura per quello che ha fatto, cioè avere aiutato Giacomo a uccidere Mario". Era l'anello debole che avrebbe parlato, una tesi dell'accusa che ha retto anche nel secondo grado di giudizio.