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Rese note le motivazioni della sentenza del mancato ergastolo: Davide Fontana, che uccise e fece a pezzi la 29enne attrice hard, "si sentì usato da lei"
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Rese note le motivazioni della sentenza-shock che ha negato l'ergastolo a Davide Fontana, il 44enne food blogger che nel gennaio del 2022, durante le riprese di un film hard nella sua casa di Rescaldina, vicino Legnano, massacrò la 29enne Carol Maltesi colpendola a martellate e sgozzandola per poi sezionarne il cadavere e gettarlo dopo settimane in un burrone nel Bresciano, dove fu ritrovato a fine marzo. L'uomo è stato condannato a 30 anni di carcere, escludendo l'aggravante della premeditazione, dei motivi abbietti e le sevizie. "Lei disinibita, lui si sentì usato, era innamorato perdutamente", hanno stabilito i giudici del Tribunale di Busto Arsizio, rigettando la richiesta dell'ergastolo da parte di pm e parti civili.
Il bancario-food blogger Davide Fontana uccise l'attrice hard Carol Maltesi, sua vicina di casa, perché la giovane "si stava allontanando da lui, scaricandolo", per trasferirsi dal figlioletto di 6 anni a Verona, come trascrive Il Corriere della Sera. Questo il movente dell'omicidio che rimase nascosto per tre mesi, fino alla scoperta del cadavere fatto a pezzi della giovane, mentre Fontana faceva credere a famigliari e amici che fosse ancora in vita.
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Riconosciuto dai periti sano di mente, secondo il Tribunale di Busto Arsizio, Fontana non ha agito con crudeltà né con premeditazione: per i giudici, infatti, avrebbe commesso l'omicidio per ragioni che "in senso giuridico" non sarebbero state abiette né futili.
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Fontana "si rese conto che ormai, dopo averlo in qualche misura usato, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo" e "l'idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l'amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva, poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile".
A parere della corte d'assise presieduta dal giudice Giuseppe Fazio, Fontana "si è reso conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo avesse usato, e ciò ha scatenato l'azione omicida. A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte".
Un movente, dunque, che "non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico", escludendo anche la premeditazione: il femminicidio potrebbe essere stato frutto di una decisione maturata lentamente, in ogni caso "fu conseguenza di condotta voluta dall’imputato sorretta da dolo diretto se non da dolo intenzionale, ma non fu conseguenza di premeditazione".