L'azienda: "Non siamo indagati e non vi sono sequestri in atto"
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Lidl Italia si è dichiarata "completamente estranea" all'operazione della Dda di Milano che ha visto impiegati poliziotti e finanzieri in un'indagine contro le attività criminali della famiglia mafiosa catanese dei Laudani. L'azienda, che spiega di essere venuta a conoscenza della vicenda solo oggi, "si è resa da subito a completa disposizione delle autorità competenti, al fine di agevolare le indagini e fare chiarezza quanto prima sull'accaduto".
Lidl Italia ha inoltre precisato che l'azienda "non risulta indagata e non vi sono sequestri in atto".
Secondo quanto riferito dagli inquirenti, sarebbero state poste in amministrazione giudiziaria quattro direzioni generali di Lidl sulle 10 presenti in Italia; in totale sarebbero state eseguite oltre 60 perquisizioni tra Lombardia, Piemonte, Puglia e Sicilia, e sequestri preventivi di beni immobili e quote sociali.
Una cosca garantiva il monopolio degli appalti - La presunta associazione per delinquere avrebbe ottenuto "commesse e appalti di servizi in Sicilia" da Lidl Italia e Eurospin Italia attraverso "dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani", clan mafioso "in grado di garantire il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia". Gli arrestati, inoltre, stando a quanto si legge nell'ordinanza cautelare, avrebbero ottenuto lavori "in Piemonte" attraverso "dazioni corruttive".
Coinvolto consorzio security del Tribunale di Milano - Tra i destinatari delle misure emesse dalla Dda ci sarebbero anche alcune società del consorzio che ha in appalto la vigilanza privata del Tribunale di Milano.
"Alcuni dirigenti Lidl asserviti per gli appalti"- Il gip Giulio Fanales nell'ordinanza di custodia cautelare parla di "uno stabile asservimento di dirigenti della Lidl Italia srl, preposti all'assegnazione degli appalti, onde ottenere l'assegnazione delle commesse, a favore delle imprese controllate dagli associati, in spregio alle regole della concorrenza e con grave nocumento per il patrimonio della società appaltante".
Boccassini: "Sapevano chi corrompere" - Le indagini hanno accertato che i componenti della cosca "sapevano chi corrompere, quali fossero le persone giuste da corrompere". Lo ha detto il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, responsabile della Dda milanese. "È stata un'indagine molto complessa, condotta in perfetta sinergia tra la polizia e Gdf. Sono stati seguiti i passaggi di denaro, il denaro raccolto a Milano veniva consegnato alla famiglia Laudani", ha aggiunto.