IL BLOCCO OPL 245

Processo Eni-Nigeria, chiesta la confisca per oltre 2,1 miliardi di dollari | La replica: "Accuse prive di fondamento"

La Procura di Milano ha inoltre richiesto otto anni di carcere per l'a.d Eni Descalzi e per il suo predecessore Scaroni. La società: "Due anni di processo hanno smentito le tesi dei pm"

21 Lug 2020 - 20:36
Erdogan contro Cipro e la piattaforma Eni © Tgcom24

Erdogan contro Cipro e la piattaforma Eni © Tgcom24

La Procura di Milano ha chiesto la confisca di 2,1 miliardi di dollari nell'ambito di un processo per corruzione internazionale sul caso Eni-Nigeria. La presunta tangente sarebbe stata versata per ottenere "senza gara" i diritti di esplorazione del blocco petrolifero Opl 245, a carico di Eni e Shell, le due compagnie imputate. Chiesti inoltre otto anni di carcere per l'a.d. di Eni Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni.

Secondo la procura, la presunta tangente sarebbe stata pagata dalle due compagnie petrolifere ai politici del Paese africano. 

La replica di Eni: "Richieste prive di fondamento" - Eni ha subito chiarito in una nota che "considera prive di qualsiasi fondamento le richieste di condanna avanzate dal pubblico ministero nell'ambito del processo Nigeria ai danni della società, dei suoi attuale ed ex amministratori delegati, e dei manager coinvolti nel procedimento". 

"Smentite le tesi accusatorie in due anni di processo" - Durante la requisitoria, continua la società, "Il pm, in assenza di qualsivoglia prova o richiamo concreto ai contenuti dell'istruttoria dibattimentale, ha ribadito la stessa narrativa della fase di indagini, basata su suggestioni e deduzioni, ignorando che sia i testimoni, sia la documentazione emersa hanno smentito, in due anni di processo e oltre quaranta udienze, le tesi accusatorie. Le Difese dimostreranno al Tribunale che Eni e il suo management operarono in modo assolutamente corretto nell'ambito dell'operazione Opl245". 

"Operazione trasparente" - La società ricorda inoltre "che Eni e Shell corrisposero per la licenza un prezzo d'acquisto congruo e ragionevole direttamente al governo nigeriano, come contrattualmente previsto attraverso modalità chiare, lineari e trasparenti: Eni inoltre non conosceva, né era tenuta a conoscere, l'eventuale destinazione dei fondi successivamente versati a Malabu dal governo nigeriano, pagamento che peraltro avvenne dopo un'istruttoria dell'Autorità anticorruzione della Gran Bretagna (Soca)".

"Nessuna tangente" - "Non esistono quindi tangenti Eni in Nigeria e non esiste uno scandalo Eni - continua il comunicato -. Eni ricorda i provvedimenti del dipartimento di Giustizia e della Sec americani, che hanno chiuso le loro indagini senza intraprendere alcuna azione nei confronti della società. Le molteplici indagini interne affidate a soggetti terzi internazionali da parte degli organi di controllo della società avevano già da tempo evidenziato l'assenza di condotte illecite. Eni confida che la verità potrà finalmente essere ristabilita ad esito delle argomentazioni difensive che saranno svolte alla fine di settembre, in attesa dalla sentenza del Tribunale". 

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