Strage di Motta Visconti, il marito ha confessato: amava una collega
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In caserma, Lissi è stato sentito per ore, con gli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni. Alla fine la confessione: ha ucciso perché travolto dalla passione per una collega. Le ultime parole della moglie, mentre lui la colpiva: "Carlo perché mi fai questo?"
E' stato fermato con l'accusa di triplice omicidio Carlo Lissi, il marito di Cristina Omes, la donna trovata uccisa con i suoi due figli nella villa di famiglia a Motta Visconti, nel Milanese. Dopo una notte di interrogatori, l'uomo ha confessato: ha ammazzato moglie e figli perché travolto dalla passione per una collega di lavoro. Dopo la strage, hanno rivelato gli investigatori, Lissi è andato a vedere la partita come se nulla fosse accaduto.
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Nella confessione, il 31enne, prendendo la testa fra le mani, ha detto agli investigatori: "Voglio il massimo della pena". L'uomo ha quindi ripetuto le proprie ammissioni davanti al pm. La miccia che ha scatenato la furia omicida di Lissi contro i suoi familiari forse è stata accesa dal rifiuto della collega, che ha confermato ai carabinieri le intenzioni dell'uomo, che le si era da poco dichiarato. La moglie, tra l'altro, non ne era a conoscenza. La sera della strage, infatti, Lissi e la donna avevano fatto l'amore. Le ultime parole di Cristina Omes, pronunciate mentre lui la colpiva, sono state: "Carlo perché mi fai questo?". La 38enne colta di spalle, mentre guardava la tv, ha anche cercato di divincolarsi e reagire; ma lui l'ha colpita con un pugno.
Gli investigatori hanno poi trovato l'arma dei delitti in un tombino di Motta Visconti. A rivelare dove fosse il coltello è stato lo stesso 31enne, durante l'interrogatorio. L'assassino è stato trasferito al carcere di Pavia prima dell'alba.
Cristina Omes, 38 anni, e i suoi due bambini, Giulia di 5 anni e Gabriele di 20 mesi, erano stati sgozzati sabato notte in una abitazione a Motta Visconti (Milano).
In caserma, Lissi è stato sentito per ore, con gli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni, richiamandolo più volte in caserma. Da qui la decisione di arrestarlo con l'accusa di triplice omicidio.
Nella casa dell'orrore la scena ai soccorritori era apparsa raccapricciante: sangue ovunque e i corpi della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. La cassaforte aperta e i contanti in essa contenuti, una cifra di non particolare entità, pare, spariti, ma senza segni di effrazioni evidenti sul forziere o sulla porta. Forse una messinscena. Proprio l'accanimento e l'assassinio del bimbo più piccolo, avevano fatto propendere i carabinieri di Milano, che conducono le indagini, verso un ambito privato.
I militari infatti, pur in una pluralità di ipotesi, hanno cominciato a propendere per la pista familiare subito dopo le prime fasi di indagine. Il fatto stesso che nella strage non fosse stato risparmiato nemmeno il più piccolo dei due bambini, di appena 20 mesi, rendeva meno credibile la pista esterna, di una sanguinosa rapina, e il mancato ritrovamento dell'arma del delitto nelle immediate vicinanze dei cadaveri rendeva difficile uno scenario di omicidio-suicidio.
Lissi, risentito più volte, non aveva convinto gli inquirenti con la sua versione, e soprattutto erano emersi possibili gravi tensioni nella coppia.