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Il 12 dicembre 1969 una bomba causò 17 morti e oltre 80 feriti nella Banca nazionale dell'Agricoltura, dove erano in corso le contrattazioni del mercato agricolo e del bestiame
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Faceva freddo e c'era una nebbia fitta a Milano alle 16:37 del 12 dicembre del 1969. Era la calma che precedeva la tempesta, che precedeva la bomba che causò 17 morti e oltre 80 feriti nella Banca nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano, dove erano in corso le contrattazioni del mercato agricolo e del bestiame. Una ferita che, cinquant'anni dopo, non riesce a rimarginarsi. "Ci fu un boato, poi l'inferno", racconta uno dei testimoni.
Il superstite Fortunato Zinni quel giorno c'era e si salvò per miracolo. Aveva appena finito di "sigillare" con un gesto della mano la contrattazione tra due agricoltori nel salone della banca alle 16:30, quando fu chiamato in un ufficio di sopra. Nell'ufficio si appoggiò alla vetrata e in quel momento scoppiò l'inferno. Un momento che i manuali di storia hanno riconosciuto come inizio ufficiale di quel grigissimo periodo conosciuto come "Strategia della tensione".
Il racconto A 50 anni di distanza, Zinni ricostruisce meticolosamente quel pomeriggio di morte e i giorni convulsi che seguirono: "Lo spostamento d'aria mi gettò a terra. Quando scesi nell'atrio era buio e sentivo i telefoni suonare all'impazzata. Risposi ed era la Questura che mi chiedeva se era scoppiata la caldaia. Risposi di no, che la caldaia era da un'altra parte e che sentivo l'odore di mandorle amare dell'esplosivo. L'agente mi chiese: cosa vede? Risposi: un pezzo di braccio".
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"Qualcuno mi si aggrappò ai pantaloni - prosegue - e mi chiese aiuto, aveva una gamba maciullata. Qualche mese dopo si presentò una persona con un pacchetto. Dentro c'era la mia cinghia con la quale avevo cercato di fermare l'emorragia. Io non me lo ricordavo". Ricorda, invece, la tensione alle stelle nell'ufficio del direttore. Fu incaricato di redigere un'elenco delle vittime, lui che conosceva tutti. "Tornai nel salone, dove i corpi erano coperti, come se fossero lenzuola, da fogli di una macchina per scrivere Underwood Olivetti che aveva un carrello lungo 120 centimetri". Riuscì ad identificarne buona parte.
La vicenda giudiziaria La fitta nebbia di quel giorno ha continuato ad avvolgere tutti i sette processi che si sono celebrati (tre le inchieste) e che non hanno mai portato all'accertamento della responsabilità personale di esecutori, mandanti e depistatori. Una vicenda giudiziaria che ebbe fine nel 2005, quando la Cassazione la chiuse con un'assoluzione generalizzata degli imputati presi in esame dall'indagine scaturita negli Anni Novanta dal lavoro sulle "Trame nere" dell'allora giudice istruttore Guido Salvini, che di recente ha anche pubblicato un libro dal titolo emblematico: "La maledizione di Piazza Fontana".
La "maledizione" di Piazza Fontana Una "maledizione" che cominciò subito dopo l'attentato, con la pessima idea di far brillare un altro ordigno inesploso nella sede dalla Banca commerciale italiana di piazza della Scala, disperdendo elementi utili alle indagini. Non era innescato ed era contenuto in una borsa nera Mosbach & Gruber che, con gli orologi Rhula, diventerà un marchio di fabbrica dello stragismo nostrano. Da subito le indagini sulla pista anarchica, l'arresto del ballerino Pietro Valpreda, frettolosamente o dolosamente individuato come autore della strage e che sara' assolto nel 1985 dopo un lungo calvario giudiziario; il 15 dicembre la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dal quarto piano della questura durante un interrogatorio.
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