L'uomo era stato arrestato lo scorso gennaio con l'accusa di aver ucciso la studentessa di Varese nel gennaio del 1987
Stefano Binda, arrestato lo scorso gennaio con l'accusa di aver ucciso la studentessa di Varese Lidia Macchi nel gennaio 1987, è stato rinviato a giudizio. Lo ha deciso il gup di Varese Anna Azzena. Il processo si aprirà il prossimo 12 aprile.
La madre di Lidia: "Spero che emerga la verità" - La famiglia della ragazza, assassinata con 29 coltellate, si è costituita parte civile nell'udienza preliminare davanti al Gup di Varese. Erano presenti in aula, oltre allo stesso Stefano Binda, la madre e la sorella della vittima, affiancate dall'avvocato Daniele Pizzi. Proprio la madre di Lidia Macchi ha detto: "Mi auguro solo che la verita' venga a galla, sono distrutta...". Paola Bettoni commentando il rinvio a giudizio di Binda ha aggiunto: "In aula mi ha guardata ma non ha parlato. Se è stato lui spero che prima o poi confessi, chiedo solo che emerga la verità, ci spero fino all'ultimo".
Per Binda ricorso respinto - Tre giorni fa il Tribunale del Riesame di Milano aveva respinto il ricorso presentato dai legali di Stefano Binda che avevano impugnato il provvedimento con il quale il Gip di Varese, Anna Giorgetti, aveva respinto un'istanza di scarcerazione. Un'istanza analoga era già stata respinta dalla Cassazione e il successivo ricorso al Riesame era stato dichiarato "inammissibile".
La difesa: "Esame calligrafico scagiona Binda" - Nel corso dell'udienza preliminare i difensori di Stefano Binda hanno depositato i risultati di un esame calligrafico secondo il quale la scrittura dell'imputato "non è compatibile" con quella della persona che quasi trent'anni fa scrisse il componimento anonimo 'In morte di un'amica', inviato alla famiglia Macchi il giorno dei funerali della ragazza. Dalla consulenza affidata alla grafologa Cinzia Altieri emergerebbero quindi risultati diversi rispetto agli esami disposti dal sostituto pg di Milano Carmen Manfredda nel corso delle indagini.
Il gup valuterà nuova richiesta di scarcerazione - Tra gli elementi principali a carico di Binda, infatti, c'è la compatibilità della sua scrittura con il componimento in versi che, secondo le accuse, sarebbe stato scritto dall'assassino. La consulenza è stata acquisita dal gup di Varese Anna Azzena, che si è riservata su una nuova richiesta di scarcerazione presentata dai difensori, gli avvocati Sergio Martelli e Patrizia Esposito. "Andremo davanti alla Corte d'Assise - ha spiegato Esposito - e speriamo che i giudici tengano conto degli esiti degli esami sulla calligrafia".