Il killer della strage di Capaci

Mafia, Giovanni Brusca chiede gli arresti domiciliari | D'accordo la Procura Nazionale Antimafia: "Si è ravveduto"

Contraria alla richiesta è invece la Procura Generale della Cassazione: la decisione finale della Suprema Corte è attesa per martedì

07 Ott 2019 - 20:10
 © Ansa

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Giovanni Brusca, uno dei killer della strage di Capaci, per la decima volta dal 2002 ha chiesto di scontare il resto della sua pena agli arresti domiciliari. La Procura nazionale antimafia ha dato il via libera, dichiarando che l’ex boss “si è ravveduto”. E’ invece contraria alla richiesta di Brusca la Procura generale della Cassazione: il verdetto della Suprema Corte a cui spetta la decisione finale, è previsto per martedì.

Brusca: “I pm sono d’accordo con me” - Gli avvocati del boss avevano presentato ricorso sostenendo che, in occasione dell'ultimo rifiuto del Tribunale di Sorveglianza di Roma alla richiesta di domiciliari di Brusca, avvenuta a marzo, non si era tenuta in giusta considerazione la valutazione positiva del Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho. “I pm sono d’accordo con me”, ha ribadito più di una volta Brusca, tentando di ribaltare l’ennesimo rifiuto. "Resta un personaggio ambiguo, Non merita altri benefici”, commenta invece Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci.

Condannato per più di un centinaio di omicidi - Giovanni Brusca, nato in Sicilia nel 1957, è stato un membro di spicco di Cosa Nostra e ha preso il comando dei corleonesi dopo l'arresto dei boss Salvatore Riina e Leoluca Bagarella. Arrestato nel 1996 ad Agrigento, è stato condannato per più di un centinaio di omicidi. Tra i più noti quello del giudice Giovanni Falcone e del 15enne Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito: Brusca lo strangolò e lo sciolse nell’acido.

A oggi, ha scontato ventitré anni nel carcere romano di Rebibbia. Grazie alla collaborazione con la giustizia, è riuscito però ad evitare l’ergastolo e, dal 2004 in poi, ha usufruito di ottanta permessi speciali, con i quali ha potuto uscire di prigione ogni quarantacinque giorni e far visita alla propria famiglia in una località protetta.

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