A 80 anni Annamaria Fruscione ha iniziato una battaglia per sostenere chi lotta contro la "sindrome della persona rigida". A Tgcom24 dice: "Malattia terribile, porto avanti l'impegno di mia figlia"
di Tamara Ferrari© Tgcom24
"Prima di morire mia figlia mi ha detto: 'Mamma, non fare perdere tutto quello che ho fatto finora'. A 80 anni mi sono fatta carico della sua battaglia". Annamaria Fruscione vive nel comune di Isola delle Femmine, in Sicilia, ed è la mamma di Ester Bongiorno, un'infermiera di 58 anni morta per le complicazioni della sindrome della persona rigida, la malattia rarissima che ha costretto Celine Dion ad annullare tutti i suoi concerti.
Per anni Ester Bongiorno ha lottato per aiutare le persone affette da malattie rare. Ora sua madre è diventata referente per il sud Italia dell'associazione Amar, che unisce i pazienti con patologie autoimmuni rare e i medici che se ne occupano nella ricerca di un percorso virtuoso comune. "L'elenco delle malattie rare non viene aggiornato da anni", spiega Annamaria Fruscione a Tgcom24, "questo comporta che molti pazienti affetti da una patologia riconosciuta dal mondo scientifico, ma non dal ministero della Sanità, debbano pagarsi tutte le cure, che sono costosissime. Mia figlia lottava perché l'elenco delle malattie rare riconosciute in Italia venisse ampliato. Io porto avanti la sua battaglia, e intanto aiuto le persone malate come lei. Tra un po' andrò a Messina a dare sostegno a una ragazza che ha appena scoperto di essere affetta dalla sindrome della persona rigida".
"Mia figlia Ester", racconta Annamaria Fruscione, "era una donna straordinaria. Aveva tre figli e un negozio di erborista. Ma sognava di aiutare gli altri, così ha chiuso la sua attività e, dopo aver preso il diploma da infermiera, ha iniziato a lavorare sulle ambulanze del 118. Lo ha fatto fino a quando la malattia non glielo ha impedito. I primi sintomi sono stati una spossatezza sempre più grave e crampi muscolari. All'inizio attribuiva tutto allo stress da lavoro. Quando è arrivata al punto da non riuscire più a prendere il borsone e fare le scale di corsa per salire sull'ambulanza, ha iniziato a fare esami clinici. Prima di capire qual era la sindrome che la affliggeva sono passati anni, anche perché aveva anche il diabete e altre malattie autoimmuni".
Nel 2016 la diagnosi della sindrome della persona rigida. "Si tratta di un disturbo del sistema nervoso centrale che provoca rigidità muscolare progressiva e spasmi dolorosi, spesso più accentuati a livello del tronco e dei muscoli addominali, ma che interessano anche gli arti", spiega il professore Giuseppe Cosentino dell’Università di Pavia, che lavora come medico neurologo presso l’IRCCS Fondazione Mondino e ha avuto in cura Ester Bongiorno, "non è una malattia letale, anche se può portare a complicanze che possono indirettamente essere anche causa di decesso. Una malattia rarissima, si stima che colpisca una persona su un milione di abitanti, più spesso donne".
Spesso, chi ne soffre arriva tardi alla diagnosi. "E' una patologia subdola", dice Cosentino, "i sintomi iniziali sono spesso difficili da riconoscere, nel tempo peggiorano. La malattia porta a una condizione di rigidità muscolare diffusa e importante, che può essere invalidante per il paziente e limitarne i movimenti, inclusa la possibilità di camminare e stare in piedi".
"Nel caso di Ester", dice mamma Annamaria, "erano stati interessati anche i muscoli respiratori. Il semplice sorridere poteva scatenare spasmi muscolari improvvisi e dolorosi. Era ipersensibile agli stimoli. Se all'improvviso il telefonino squillava, poteva avere una crisi, faticava a respirare e io morivo di paura".
"Spesso questa patologia si associa ad altre malattie autoimmuni", continua Cosentino, "i pazienti possono soffrire di diabete, tiroiditi, vitiligine, anemia perniciosa. In alcuni casi, più rari, posso essere presenti delle neoplasie sottostanti. Oltre alla rigidità muscolare possono essere presenti altri sintomi neurologici, come una incoordinazione motoria, crisi epilettiche e alterazioni dei movimenti oculari. La cura è farmacologica, migliora il quadro clinico ma non sempre è risolutiva".
"Ester", racconta mamma Annamaria, "non voleva che mi preoccupassi. All'inizio non mi ha detto niente. Solo dopo tanto tempo ha confessato che aveva una patologia rarissima. Poi ha iniziato a lottare per tutte le persone che soffrivano come lei. Andava ai convegni, si dava da fare per aiutare gli altri malati. Lo ha fatto fino all'ultimo. Gli ultimi tempi viveva sulla sedia a rotelle, ma le sue condizioni di salute erano sempre più gravi. L'ultima crisi respiratoria è stata fatale”.