L'odissea legale e umana di Emilio dopo che la donna è andata nella nativa Atene a partorire e da allora non è più tornata
di Giuliana Grimaldi© tgcom24
Emilio Vincioni è padre di una bambina di due anni, ma dalla sua nascita, ha potuto vedere la figlia soltanto per una ventina di giorni. La moglie, di nazionalità greca, è tornata ad Atene per partorire assistita dalla famiglia di origine, ma poi non ha rispettato il patto di tornare a Sassoferrato. La vicenda si è trasformata presto in un caso di sottrazione internazionale di minore. Il tribunale di Ancona si è sfilato dicendo di non essere competente; i giudici greci hanno inizialmente dato ragione all'uomo, salvo poi chiedere un parere alla Corte di giustizia europea che ha invece, considerato legittima la residenza della bimba presso la madre. Tgcom24 ha intervistato Emilio per capire a che punto è l'iter giudiziario e perché questo caso può rappresentare un pericoloso precedente per i 432 bambini italiani che al momento sono stati portati all'estero da uno dei due genitori.
I rapporti con sua moglie non sono sempre stati difficili, almeno all'inizio...
Ho conosciuto K. N. nell'estate 2012, a Kos, durante una vacanza. Ci siamo innamorati e lei si è trasferita nel nostro Paese. L'1 dicembre del 2013 ci siamo sposati. Eravamo felici, facevamo progetti, abbiamo arredato casa. Dopo quasi due anni è rimasta incinta. A quel punto ha espresso la volontà di partorire in Grecia. All'ottavo mese di gravidanza, con uno speciale permesso medico, ha preso l'aereo per Atene, insieme a me. Non mi sono opposto perché tra noi andava sostanzialmente tutto bene tranne qualche piccola e comprensibile inquietudine dovuta alla gravidanza, ma nulla di più.
Poi però, sua moglie si è rifiutata di tornare in Italia.
Nel febbraio del 2016 ha dato alla luce la bambina e ha deciso di rimanere con la sua famiglia ancora per due mesi. A maggio mi ha detto che non voleva tornare a casa. Il mese successivo, con il cuore a pezzi, mi sono rivolto alle istituzioni. Ho anche avviato la procedura di separazione da una moglie che di fatto mi ha tolto una figlia registrata regolarmente all'anagrafe italiana e nel mio stato di famiglia per chiederne appunto il pronto rientro.
Risponde alle sue telefonate? Le dà notizie della bambina?
Lotto in tutti i Tribunali Europei da quando mia figlia aveva cinque mesi, tra poco compirà due anni e non vengo nemmeno aggiornato su di lei da mia moglie, che ha dichiarato al nostro Consolato in Atene di essere sostanzialmente indigente. Non mi risponde nemmeno quando le chiedo se la bimba è stata o meno vaccinata. L'ambasciata italiana è stata informata ma mi viene riferito che non può fare sostanzialmente nulla. Al momento sono impotente in virtù di leggi palesemente lacunose e che vengono interpretate dai giudici in maniera folle. Ho visto la bambina a febbraio, per il suo secondo compleanno, e poi nulla di più.
Perché la magistratura greca ha coinvolto quella europea?
Mi sono rivolto al Tribunale di Ancona chiedendo il rimpatrio e l'affido esclusivo in caso di separazione da mia moglie, ma non ho ottenuto nulla. Ho fatto causa in Grecia e il giudice mi ha inizialmente dato ragione riconoscendo che mia figlia sarebbe dovuta crescere in Italia, dove io e la mia ex abbiamo la residenza. Ma prima di emettere la sentenza ha chiesto un parere alla Corte di giustizia europea che "vigila" sull'interpretazione e applicazione uniforme delle leggi all'interno dell'Ue.
Quale posizione ha assunto la Corte di giustizia europea?
La tesi della Corte di "Ingiustizia Europea" in parole povere è questa: se un bambino nasce in un Paese - a prescindere dal fatto che sia nato in un Paese solo perché la futura mamma ha espresso il desiderio di partorire nel suo paese d'origine e il padre è stato accondiscendente - si può ritenere che la sua "residenza abituale", ossia il centro dei suoi interessi, affettivi, economici, in parole povere, la sua vita, sia nel Paese in cui è venuto al mondo e non dove i suoi genitori avevano stabilito la residenza del nucleo familiare vivendo e lavorando entrambi da oltre due anni; di conseguenza la mamma è legittimata a trattenerlo all'estero contro la volontà del padre e nonostante ci fossero accordi (provati nei Tribunali) e anche sue dichiarazioni che lei si fosse recata all'estero solo per un breve periodo relativo alla parte finale della sua gravidanza. È ignobile! Il giudice greco che in un primo momento si era espresso in mio favore è stato incredibilmente sostituito, e a fronte dell'interpretazione della Corte europea, il nuovo giudice incaricato ha cambiato idea: la Grecia ha impiegato più di un anno per sentenziare il non rimpatrio a fronte di motivazioni risibili e capziose senza che nessuno abbia tenuto conto del "superiore interesse del minore". Faccio notare che entro sei settimane si dovrebbe arrivare a sentenza per legge. Si parla tanto di violenza sulle donne, e di femminicidio: giustissimo, per carità, visto che è un fenomeno grave e in spaventoso aumento, ma il mio non è un caso di "ominicidio" quantomeno morale?
A un certo punto la Gran Bretagna si è costituita parte civile al suo fianco: per quale motivo?
Gli Stati membri vengono informati quando un caso arriva davanti ai giudici europei, dal momento che le sentenze della Corte hanno ripercussioni su tutti i Paesi. La Grecia si è costituita subito per mia moglie e al mio fianco, invece dell'Italia, si è costituita la Gran Bretagna. Un pronunciamento contro di me sarebbe stato un riconoscimento formale che la sottrazione di minore è legale e tollerata in casi sovrapponibili al mio. Gli inglesi hanno subito capito la pericolosità di una tale sentenza come precedente per casi futuri o simili, l'Italia invece ha preferito girarsi dall'altra parte.
Il fronte giudiziario italiano invece come procede?
Male: ho appena ricevuto una notifica da parte del Tribunale di Ancona che "scarica" il barile sulla giustizia greca. Viene del tutto ignorato il Regolamento (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. All'articolo 12 tale regolamento stabilisce in modo chiaro che, in casi come il mio, il tribunale competente per le scelte sui minori è quello che sta seguendo l'iter per la separazione dei genitori, senza alcun legame con la residenza abituale del bambino. Allucinante...
In che modo ha cercato di coinvolgere le istituzioni italiane e quali sono state le risposte avute finora?
Ho segnalato la situazione sin dal 2016 sia all'Autorità Centrale (Ministero di Grazia e Giustizia, ndr) - Ufficio Minori, sia alla Farnesina (Ministero degli Esteri), purtroppo dai primi non ho avuto alcuna assistenza -hanno immediatamente archiviato la pratica- dai secondi, al di là delle belle parole, non ho avuto l'assistenza giudiziaria "doverosa" a livello della Corte di giustizia europea visto che si è costituita a mio favore addirittura il Regno Unito. Dell'Italia e le sue Istituzioni preposte, benchè ampiamente coinvolte, nemmeno l'ombra, mi hanno lasciato solo. La Farnesina è arrivata addirittura a dire a uno dei miei legali che non era possibile per l'Italia costituirsi e che era altamente improbabile che lo avrebbe fatto l'Inghilterra. Questo è ingiustificabile, come cittadino lo ritengo gravissimo. Sono state fatte anche due Interrogazioni parlamentari che hanno coinvolto M5S e Forza Italia, un appello al Presidente del Consiglio e due al Presidente della Repubblica. Nelle migliori tradizioni italiane, non ho ricevuto alcuna risposta, se si esclude qualche parola "di facciata". Al question time il vice ministro degli Esteri ha dovuto rispondere, ma lo ha fatto confermando ulteriormente la precisa volontà a non alzare un dito per me. Sostanzialmente mi ha consigliato di ricorrere in appello contro le sentenze, idem la Farnesina.
Qual è il suo appello?
Chiedo di "accendere i fari" su questa allucinante vicenda, subdola e molto anomala, ma delicata. Chiedo innanzitutto alle istituzioni Italiane (giudiziarie, politiche, dplomatiche) di muoversi; sul fronte internazionale ritengo grave l'atteggiamento tenuto finora dalla Grecia, tutto teso a tutelare esclusivamente gli interessi e le egoistiche volontà di mia moglie non tenendo minimamente in conto quelle della bimba, in virtù di capziose interpretazioni di leggi palesemente carenti e lacunose. Mi piacerebbe chieder conto anche ai giudici europei, capire se vedono quale precedente hanno creato nella giurisprudenza dell'Ue, precedente che renderà la vita facile a tutte le donne che in malafede si comportino come mia moglie da qui in avanti.
Continuerò la mia lotta sia in Italia sia in Grecia per il bene di mia figlia e per il mio. Voglio solo fare il padre, non togliere la madre alla bimba. La mia speranza intanto è che il giudice del Tribunale di Ancona si pronunci in mio favore, teoricamente avrebbe facoltà anche di richiedere un rimpatrio ravvedendo gravi pregiudizi per il minore, che ai miei occhi, dopo due anni, sembrano evidenti e innegabili.