Secondo il rapporto di Save the Children, la situazione più difficile è in Basilicata e Sicilia. L'età media delle partorienti sale a 32 anni
Le zone in Italia più "amiche" delle mamme sono la provincia autonoma di Bolzano, l'Emilia-Romagna e la Valle D'Aosta, mentre le condizioni più sfavorevoli si registrano in Basilicata, preceduta in fondo alla classifica da Sicilia e Campania. E' quanto emerge dall'ottava edizione del rapporto "Le Equilibriste" di Save the Children. L'indice per regione è il risultato di un'analisi basata su sette dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale.
Le prime tre superano di 10 punti il valore di riferimento nazionale di 100, seguite da Toscana, provincia autonoma di Trento, Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, che invece lo superano di poco. Fanalino di coda Basilicata, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia che sono sotto il valore di riferimento di almeno 10 punti.
Per quanto riguarda l'area della demografia, basata sul numero medio di figli per donna o sul tasso di fecondità totale per regione, l'indice vede tra le regioni più virtuose la provincia autonoma di Bolzano (138,5), nettamente sopra valore di riferimento fissato a 100 e quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8). Al contrario, Sardegna (78,5), Basilicata e Molise (entrambe 90,5) occupano gli ultimi posti dell'Indice. Nella dimensione del Lavoro primeggiano l'Emilia-Romagna, il Piemonte e la Valle d'Aosta: sono le regioni dove per le madri è più facile trovare un impiego, non subire riduzioni di orario non volontarie o tenere un lavoro dopo la nascita di un figlio. I dati peggiori arrivano da Sicilia, Basilicata e Calabria.
Nell'area della Rappresentanza, relativa alla percentuale di donne in organi politici a livello locale per regione, Umbria, Veneto e Toscana occupano i primi posti. In Basilicata, caso emblematico a più di 30 punti sotto la media, Valle d'Aosta e Sardegna la rappresentanza femminile è ben al di sotto del valore di riferimento nazionale. Per la Salute, spiccano la Valle d'Aosta, con ben 40 punti in più valore di riferimento nazionale, la provincia autonoma di Bolzano, l'Emilia-Romagna e la Toscana, mentre Calabria e Campania si posizionano agli ultimi posti con valori al di ben sotto di quello di riferimento. Le province autonome di Trento e Bolzano sono le zone più virtuose per i servizi offerti alle mamme e ai loro bambini (asili nido, mense scolastiche, tempo pieno), seguite da Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Toscana. La Sicilia si posiziona all'ultimo posto preceduta da Campania, Calabria e Puglia.
Le regioni dove l'area della Soddisfazione soggettiva delle mamme raggiunge livelli più alti sono nuovamente le province autonome di Bolzano e Trento seguite da Umbria, Piemonte, Valle d'Aosta e Molise. Fanalini di coda Calabria e Sicilia. Basilicata e provincia autonoma di Trento si posizionano agli ultimi posti nell'area Violenza. Le regioni più virtuose per quanto riguarda la presenza di centri antiviolenza e case rifugio sono invece Friuli-Venezia Giulia e provincia autonoma di Bolzano con uno stacco di più di 30 punti sul valore di riferimento nazionale, seguite da Molise, Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Abruzzo.
Cinque ore e 5 minuti al giorno è il tempo dedicato dalle donne in Italia al lavoro non retribuito di cura domestica e della famiglia, contro un'ora e 48 minuti degli uomini. Il 74% di questo carico grava quindi su di loro, e anche quando contribuiscono al reddito e al lavoro tanto quanto gli uomini, dedicano alla cura 2,8 ore in più di loro, che salgono a 4,2 quando ci sono i figli. Ma, come sottolinea il rapporto, tra le pieghe del ménage familiare si intravede un trend positivo. Lo dimostra il numero maggiore dei padri che usufruiscono del congedo di paternità introdotto nel 2012, che dal 2013 sono quadruplicati raggiungendo quota 155.845 nel 2021, contro i 50.500 del 2013.
Dall'analisi dei dati emerge che in Italia si diventa madri sempre più tardi: l'età media al parto è di circa 32 anni, una delle più alte in Europa, e già nel 2019 l'8,9% dei primi parti riguardava madri ultraquarantenni. Se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c'è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità. Il mercato del lavoro sconta ancora un gap di genere fortissimo. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c'è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.